giovedì 1 dicembre 2016

Recensione: "Daphne" di Tatiana de Rosnay


Bentornate sull'Albero, mie care mele!
Eccomi qui con una nuova recensione, questa volta di un libro un po' insolito che mi ha appassionata non poco.

"Questo libro si legge come un romanzo. 
Ma niente è inventato. E' tutto vero. 
E' il romanzo di una vita."


Titolo: Daphne
Autore: Tatiana de Rosnay
Editore: Neri Pozza
Pagine: 427
Prezzo: 18,00 euro

Trama: Il 13 maggio 1907 a Mayfair, in una imponente dimora nasce Daphne du Maurier, figlia di Gerald e Muriel Beaumont. Sua madre, Muriel, è un’ex attrice di teatro, che ha esordito sulle scene nel 1898, anno in cui era quasi un’adolescente. Nel 1902 ha incontrato Gerald; recitavano nella stessa commedia, scritta da quello che sarà poi un amico di famiglia: James Matthew Barrie, detto zio Jim, l’autore di Peter Pan. Abile, creativo, affascinante sulle scene, Gerald du Maurier è da tempo oggetto di venerazione delle spettatrici che accorrono numerosissime alle sue rappresentazioni, e non tarda a esserlo anche di sua figlia Daphne, suscitando, tra le mura domestiche, una malcelata gelosia da parte di Muriel. Daphne attende con impazienza quei momenti privilegiati al primo piano di Cannon Hall, la casa in cui, con una sigaretta tra le dita, Gerald le racconta l’infanzia di suo padre, pittore e romanziere che si era dedicato alla scrittura grazie all’amico Henry James. La lettura dei romanzi del nonno, apre a Daphne il mondo incantato della letteratura. Leggere Dickens, Thackeray, Scott, Stevenson, Wilde le appare un sortilegio, una potente via di fuga, tanto affascinante quanto l’Isola Che Non C’è di Peter Pan, l’eroe che è entrato nel suo cuore una sera d’estate della sua infanzia. Vestita come un impertinente ragazzino, con calzoncini corti, calzettoni di lana, grosse scarpe sgraziate, anche Daphne ha la sua Isola Che Non C’è, il mondo racchiuso in un quaderno lungo e nero, su cui scrive nel silenzio della sua stanza al secondo piano. Un quaderno in cui si annuncia già il suo luminoso destino di scrittrice… Con una prosa impeccabile, Tatiana de Rosnay ci restituisce il romanzo della vita di una delle più complesse e tormentate figure di donna del Novecento, la scrittrice inglese Daphne du Maurier, autrice di romanzi come Rebecca, la prima moglie, Gli uccelli, Jamaica Inn.

Voto:


Recensione:
Mi sono imbattuta in questo libro per puro caso, girovagando sul web. Prima di incontrare questa magnifica biografia, non conoscevo Daphne du Maurier, per cui si è rivelata una grande scoperta sotto molti punti di vista. Come accade per tutti quei libri destinati a lasciare il segno, Daphne è venuto da me nel momento giusto, quando il mio cuore ne aveva bisogno, e questa magia mi ha affascinata di nuovo, come se non ne fossi già stata testimone altre mille volte.
Daphne du Maurier
Quella narrata nelle pagine di questo libro targato Neri Pozza - che, lasciatemelo dire, è sempre una garanzia - è una storia vera, la vita di una grande scrittrice e di una donna fuori dagli schemi.
E' encomiabile il lavoro svolto da Tatiana de Rosnay, la cui penna ci racconta le esperienze, le grandi passioni e i pensieri della celebre Daphne du Maurier. Non è semplice scrivere una biografia, ma lo è ancora meno costruirla in modo da interessare il lettore, appassionandolo come se stesse leggendo davvero un romanzo. La de Rosnay riesce in entrambe le cose, e per questo a lei va tutta la mia stima.
Daphne non risulta mai noioso, ci si affeziona alla protagonista di questa biografia, con il suo carattere indomito, la sua passionalità e la sua fierezza. Si partecipa con trasporto a tutto ciò che segna la vita di Daphne: le amicizie, gli amori, il matrimonio, i viaggi, le guerre, la stesura dei suoi romanzi e le passioni per i manieri immersi nella natura selvaggia.
Devo ringraziare Tatiana de Rosnay e Neri Pozza per avermi permesso di conoscere la famosa scrittrice, mi sarei persa molto altrimenti.
Tra le cose che ho trovato di maggiore interesse c'è sicuramente il cambiamento del mondo dell'editoria. Scrivendo libri a mia volta, conosco un po' l'ambito, e mi sono - ahimé - rattristata leggendo di come siano cambiate effettivamente le cose, purtroppo non in bene. Un tempo l'autore veniva scelto per le proprie qualità, per il suo modo unico di scrivere e per la bellezza dei propri scritti... cosa che non accade più oggigiorno, o per lo meno succede solo raramente. Una volta non si puntava sull'autore in quanto personaggio egli stesso, costruito a tavolino. Oggi, invece, più l'autore sa vendersi con la sua immagine, più facile sarà per l'editore notarlo e puntare sulle sue opere. Daphne du Maurier non apparteneva a questo genere di mondo, basato sulla commercialità. I suoi libri erano tutto fuorché convenzionali, lei stessa sosteneva che il suo intento fosse quello di suscitare scandalo, scalpore, di sorprendere il lettore e sconvolgerlo per i temi trattati, così fuori dal comune.
"Certamente esagero un po'" scriveva, "ma l'ho fatto di proposito. Le trovate romantiche sono certo più piacevoli da scrivere e da leggere ma, a causa forse del mio fottuto sangue francese, cerco sempre di grattare la superficie per scoprire il verminaio che vi si cela, e di eliminare ogni sentimentalismo."
Daphne era una donna che rifuggiva le convenzioni sociali: non amava gonne e salotti, detestava i ricevimenti, le cene di cortesia e non amava mostrarsi in pubblico né rilasciare interviste.
Nata agli inizi del Novecento, amava la sua libertà e lottò per costruire la sua indipendenza. Tatiana de Rosnay ci mostra il ritratto di una Daphne forte, caparbia, decisa nelle sue convinzioni, in un certo senso anche ribelle, che si è battuta strenuamente per ciò in cui credeva sacrificando, talvolta, ciò che aveva di più caro.
La biografia è divisa in cinque parti, rappresentanti cinque periodi della vita di Daphne, segnati irrimediabilmente dalle dimore in cui visse. Tatiana de Rosnay introduce ogni parte raccontando al lettore le emozioni da lei stessa provate visitando i luoghi in cui Daphne abitò. Questo permette al lettore di entrare maggiormente nelle atmosfere del libro, come se fosse egli stesso sulle tracce della famosa scrittrice.
Scompaiono le persone e le cose, non i luoghi.
Daphne du Maurier 

Daphne e i suoi figli davanti a Menabilly
A mio parere, la de Rosnay non avrebbe potuto scegliere modo migliore di procedere, vista l'importanza che Daphne dette alle case che occupò. Nel suo cuore un posto importante lo ebbe il maniero di Menabilly (Cornovaglia) che fu d'ispirazione per i suoi scritti. La scrittrice lo trasformo in Manderley, dimora su cui si incentrano le vicende di Rebecca, la prima moglie, il libro che rese celebre Daphne in tutto il mondo.
Non posso certo raccontarvi l'intera vita di questa scrittrice, lascio a voi il piacere di scoprirla. Sappiate solo che mi ha emozionata, coinvolta, sorpresa e appassionata, pur non essendoci dialoghi e pur rimanendo una biografia. Leggetelo se amate scrivere, perché tra le sue pagine troverete facilmente qualcosa che vi appartiene. Leggetelo se amate i libri di Daphne du Maurier e siete curiosi di sapere chi si celi dietro la cortina delle pagine. Infine, leggetelo se amate le storie di donne che costruiscono il proprio destino senza aspettare principi azzurri o di essere salvate dagli uomini. Come cita la quarta di copertina, niente è inventato, è tutto vero. Un motivo in più per leggerlo, non vi pare?

lunedì 28 novembre 2016

E' arrivato "Sogni di Carta - Lo spirito del Natale"!

Bentornate sull'Albero, mie care mele!
Sono settimane che bramo di tornare a scrivere in questo mio angolino virtuale e, finalmente, eccomi qui.
Ho una bella novità da raccontarvi, per cui non voglio perdermi in chiacchiere...
Venerdì è uscito il mio spin-off dedicato a "Sogni di Carta"!
Si tratta di un racconto natalizio in formato digitale e... udite ,udite! Sarà scaricabile gratuitamente, per cui non avete scuse per non leggerlo =P
Nella speranza che quello che la mia penna ha ancora da dire riguardo la magica libreria di via delle Mele n.5 possa appassionarvi, vi lascio di seguito tutte le informazioni.
Vi avverto, però: il piccolo Gulliver potrebbe prenderla sul personale, se non vorrete leggere questa piccola avventura. Non lamentatevi, poi, se vi ritroverete l'orlo dei pantaloni tutto mordicchiato: lettore avvisato...


Titolo: Sogni di Carta. Lo spirito del Natale
Autrice: Melania D'Alessandro
Editore: Leucotea
Pagine: 20
Formato: digitale
Pubblicazione: 25 novembre 2016

Trama:Chi conosce la libreria Sogni di Carta, gestita dal gentile Archimede e dal suo assistente topo di biblioteca Gulliver, sa che quando si parla di libri nulla è da considerarsi impossibile.Eppure qualcosa di davvero straordinario sta per accadere nel magico negozio, dove ogni settimana si tiene la lettura collettiva di un libro scelto appositamente per l'occasione. Natale è alle porte e il volume prescelto per l'appuntamento è "Lo Schiaccianoci". Nessuno si aspetterebbe però che, a voler essere letto, sia un altro libro, una storia che spiegherà le sue ali e spalancherà le porte della fantasia per far vivere i personaggi in essa contenuti nella realtà di Archimede e Gulliver. Tra alberi natalizi, luci colorate e golosi biscotti, il lettore è chiamato ancora una volta a partecipare alle avventure di Sogni di Carta e dei suoi protagonisti.

Clicca QUI per scaricare il pdf. 

Spero che questa mia idea vi sia piaciuta, è un piccolo omaggio per i lettori che hanno amato Sogni di Carta e a cui Gulliver e Archimede sono mancati a lettura conclusa, ma è anche un modo per conoscerli, se non avete ancora acquistato il libro su cui si basa lo spin-off!
Se leggerete il racconto, fatemi sapere cosa ne pensate e, se volete, segnalatelo sui vostri spazi virtuali, ve ne sarei davvero molto grata ^_^

Non mi resta che lasciarvi un tenero abbraccio profumato di biscotti, ci leggiamo in settimana!


mercoledì 26 ottobre 2016

Recensione: "The Quick" di Lauren Owen


Bentornate sull'Albero, mie care mele!
Eccomi qui con una nuova recensione, questa volta di un romanzo uscito da poco e che mi ha incuriosito fin da subito. Le aspettative erano alte, ma, ahimé, sono state deluse. Più sotto vi spiego il perché.


Titolo: The Quick. Misteri, vampiri e sale da tè.
Autore: Lauren Owen
Editore: Fazi editore
Pagine: 528
Prezzo: 17,50 euro

Trama: Inghilterra, fine Ottocento. James e Charlotte sono due fratelli orfani che vivono in una dimora signorile sperduta nella campagna inglese. Una volta cresciuti le loro strade si dividono: James, timido aspirante scrittore, terminati gli studi a Oxford divide l’appartamento in affitto a Londra con un affascinante giovane aristocratico. Grazie alle conoscenze del ragazzo, viene introdotto nei salotti dell’alta società e trova l’amore dove non se lo sarebbe mai aspettato. Poi, improvvisamente, scompare senza lasciare traccia. Preoccupata e determinata a trovarlo, la sorella Charlotte parte per Londra e s’immerge nelle tetre atmosfere della città industriale, dove scopre l’esistenza di un mondo segreto, popolato da personaggi incredibili e loschi che vivono ai margini della città. Un mondo in cui i confini della realtà hanno assunto forme tutte nuove. Per lei si apriranno le imponenti porte di una delle istituzioni più autorevoli e impenetrabili del paese: l’Ægolius club, luogo di ritrovo degli uomini più ambiziosi e pericolosi d’Inghilterra, cupo circolo d’élite che cela mille segreti, uno più terrificante dell’altro: una serie di sorprese che lasceranno il lettore senza fiato fino all’ultima pagina. Nel suo coinvolgente romanzo d’esordio, Lauren Owen ha creato un universo fantastico che risulta allo stesso tempo accattivante e spaventoso, dove la seduzione del gotico si fonde con l’incanto dell’ambientazione vittoriana.

Voto:




Recensione:
Le premesse per una buona storia vecchio stile sui vampiri c'erano tutte e gli ingredienti del romanzo che emergevano dalla trama erano assai promettenti: l'Ottocento, Londra, le atmosfere thriller/horror, un'antica dimora nella campagna, vampiri, una buona dose di mistero e un protagonista letterato. L'autrice, tuttavia, sembra non essere stata in grado di mescolare questi ingredienti in modo tale da creare una ricetta vincente, ma andiamo con ordine.
Nei primi capitoli il lettore si trova catapultato nella campagna inglese, in una casa signorile in cui abitano i due protagonisti della storia, James e Charlotte, fratelli e orfani di madre. Le atmosfere sono perfette per l'incipit di una storia di vampiri, tanto che sembra quasi di leggere un classico della letteratura, anche grazie allo stile dell'autrice. Tra passaggi segreti, biblioteche polverose e stanze vuote, il lettore resta affascinato, catturato, ed è avido di saperne di più, di conoscere cosa riserverà il futuro ai due bambini.
D'improvviso, l'equilibrio creato nelle prime pagine si spezza e ritroviamo i nostri protagonisti adulti; la complicità che li legava nell'infanzia è divenuta quasi un ricordo e James si è trasferito a Londra, dove intende diventare uno scrittore. Si ritrova, così, a frequentare i salotti dell'alta società in compagnia di Christopher Paige, suo coinquilino. Ma la Londra ottocentesca è piena di insidie e pericoli, non si sa mai cosa si potrebbe trovare dietro l'angolo di una strada o in fondo a un vicolo e, come si prevede, James finisce inevitabilmente nei guai.
A questo punto viene introdotta la figura del vampiro anche grazie a tecniche narrative volte a incuriosire il lettore. Leggiamo quindi stralci di pagine di diario, studi scientifici e conosciamo nuovi e tenebrosi personaggi che creano attesa, alzando ancor di più le aspettative di chi legge.
I vampiri di The Quick, almeno in un primo momento, ricordano quelli creati dalla penna di Anne Rice, e ne sono rimasta affascinata. Non ho ancora avuto modo di leggere Dracula di Stoker, per cui non so fare un paragone concreto al riguardo, ma gli Spenti - come vengono chiamati in The Quick - sono figure assai simili alla tradizione, sebbene al contempo se ne discostino.
Da qui in poi, la trama cambia rotta e, ahimé, si perde fino a divenire quasi sconclusionata. Se le prime cento pagine avevano suscitato tutto il mio interesse tenendomi incollata al libro, con il procedere della lettura e piano piano il lettore si troverà confuso, spaesato. Si ha quasi l'impressione che le due parti del romanzo siano state scritte in due momenti diversi o da mani differenti, non per la differenza di stile, quanto piuttosto per la piega che prende la storia. Lauren Owen infila dentro il suo romanzo un'accozzaglia di indizi, situazioni e avvenimenti che poi non spiega, non sviluppa, lasciando il lettore a bocca asciutta. Tutta la curiosità suscitata nei primi capitoli di The Quick, quindi, va scemando nella seconda metà del romanzo, quando il lettore comprende che in realtà non si sta andando a parare da nessuna parte.
Le promesse di orrore e divertimento che compaiono nella quarta di copertina vengono tradite in fretta, quando ci si accorge che non esiste niente di così sconvolgente né di altrettanto spaventoso negli avvenimenti di The Quick. Ho atteso per tutta la durata del romanzo che accadesse quel "qualcosa di ancora più orribile" che mi impedisse di tirare il "respiro di sollievo", citando la copertina, ma ciò non accade e tutta la mia curiosità si è dissolta.
I personaggi perdono velocemente spessore, dimostrandosi vuoti, insulsi. Non sono caratterizzati, non emozionano e non rendono partecipe il lettore fino in fondo. Il loro mondo interiore non viene sviluppato, dei personaggi scorgiamo solo la superficie, non entriamo mai nella profondità della loro psicologia. Alcuni, poi, finiscono addirittura per contraddirsi senza alcun motivo, come il fratello di Christopher, che detesta James ma poi, inspiegabilmente, finisce per aiutarlo.
L'autrice non spiega la motivazione per cui il misterioso club londinese abbia scelto proprio il gufo a rappresentarlo, o meglio, lo dice, ma lancia ulteriori indizi che non vengono spiegati lasciando il lettore senza risposte. La stessa cosa avviene per la figura del Macellaio, ammantata di mistero: esisteva realmente? apparteneva a una "favola" per vampiri? Non è dato saperlo con certezza. Non sono neppure riuscita a comprendere fino in fondo la scelta del titolo, se devo essere sincera, non lo trovo adatto alla storia.
Per continuare, alcuni personaggi muoiono o scompaiono dalla scena senza una vera motivazione, come se l'autrice volesse semplicemente impressionare il lettore e far vedere che anche la sua penna sa essere spietata, uccidendo (a casaccio) personaggi.
In altre parole, la Owen avrebbe potuto benissimo tagliare tutta la parte centrale del romanzo, riducendo la sua storia a poco più di 200 pagine, e il lettore non avrebbe perso il filo del discorso né sarebbe affogato nella mole di inutili dettagli propinati dall'autrice senza alcun criterio.
Il finale, neanche a dirlo, resta aperto e non soddisfa, facendo presagire un possibile seguito.
Per quanto riguarda la parte più "tecnica", devo dire che il libro si legge davvero velocemente, il ritmo resta incalzante per quasi tutta la durata del romanzo, anche se non è mai veramente serrato. E' sicuramente un punto a favore di The Quick, viste le lacune della trama. E' una storia che si lascia leggere, ma non basta questo a far scoccare la scintilla nel lettore purtroppo, almeno per me è stato così.
Una piccola nota negativa, che dipende solo dalla traduzione e non dall'autrice, è quella che riguarda gli errori grammaticali disseminati per tutto il romanzo, piuttosto fastidiosi.
Non so se lo consiglierei, leggetelo se non avete tante pretese e se le vostre aspettative non sono particolarmente alte. A me non ha trasmesso molto, ma può anche darsi che qualcuno di voi veda qualcosa che io non ho trovato tra queste pagine.

martedì 11 ottobre 2016

Don't worry, be... Apple! #4: Colori d'autunno e improbabili disegni


Bentornate sull'Albero, care mele!
So che sono sempre latitante, ma non posso farci niente: ormai il tempo per stare sul blog è davvero molto poco, ma io cerco di non demordere e di continuare a scrivere in questo angolino ogni volta che ne ho l'occasione, perché ci sono affezionata. Tempo a parte, in questi ultimi due mesi ho avuto  (e ho ancora) seri problemi con la linea internet, per cui, anche nei momenti in cui avrei voluto scrivere un post, non avrei potuto farlo.
Sono felice, oggi, di riuscire ad aggiornarvi un po' con qualche piccola chiacchiera.
Come avevo avuto modo di dirvi quest'estate, mi sto dedicando molto alla casa e alle sue cure. Anche se ormai ci abito da un anno, la sto rivoluzionando pian piano, aggiungendo e spostando cose, cambiando la disposizione delle stanze e facendo da me decori e quadretti per abbellirla e sentirla sempre più mia. Mi piace l'idea di portare le stagioni anche dentro le mura domestiche e, se quest'estate avevo riempito la cucina di erbe aromatiche e profumate da far seccare, i colori dell'autunno sono entrati in casa mia sotto forma di zucche, pannocchie ormai secche e mele succulente.


Ho iniziato anche a fare letture animate e laboratori per bambini in libreria, realizzando un piccolo sogno che avevo da piccola. Se vi interessa la mia esperienza al riguardo, vi invito a leggere il post che ho scritto sul blog di Sogni di Carta, cliccando qui.
Il tempo che rimane lo sto dedicando alla stesura del nuovo romanzo, che ormai volge al termine. La scorsa settimana mi sono accorta di aver superato di gran lunga la metà e mi sono sentita inevitabilmente persa, quasi spezzata, perché presto ci saranno nuovi saluti e nuove lacrime di gioia mista a tristezza per un'altra avventura che sta per concludersi. Non è possibile fare l'abitudine alla meraviglia e alla soddisfazione che si prova, così come alla nostalgia che assale al solo pensiero di dover scrivere, presto o tardi, l'agognata e al tempo stesso temuta parola "fine". Tutte le parole scritte e le emozioni provate durante la stesura presto voleranno via e non saranno più soltanto mie. La mia creatura di carta e inchiostro è un po' come la Gabbianella di Sepúlveda, ansiosa di spiccare il suo primo volo. E io sono la Zorba della situazione, emozionata e timorosa al tempo stesso per tutto quello che mi aspetta. 
Sto continuando anche ad acquistare più libri di quanti potrei mai leggerne, soprattutto con tutti gli impegni che ho. Tra questi c'è "Notre-Dame de Paris" di Victor Hugo, e qui devo fermarmi a raccontarvi un piccolo aneddoto. Sulla prefazione al romanzo si legge: 
"Su Notre-Dame de Paris esiste una leggenda. Si dice che il 25 luglio dell'anno 1830 Hugo fece ritorno a casa con una grossa bottiglia di inchiostro e un ampio vestaglione di foggia vagamente monacale che lo avrebbe coperto dalla testa ai piedi. Si spogliò, chiuse a chiave tutti i suoi vestiti ordinari e fece solenne giuramento di non uscire più finché non avesse portato a termine il libro." 
Ebbene, mi sono detta che dovrei proprio prendere esempio dal caro, vecchio Hugo: dovrei farmi [foca] monaca fino alla fine della stesura del nuovo romanzo, come si vede da questa vignetta che ho disegnato personalmente (sì, lo so, è un disegno elementare, ma quando si tratta di caricature do il peggio di me xD):


Non posso spiegarvi il perché della foca monaca, ma con questo disegnino ho pensato che potrei dare il via (tempo e fantasia permettendo) a una nuova futura rubrica, in cui potrei raccontarvi piccole curiosità di dubbio interesse su di me e sulla mia quotidianità per sorridere un po' della mia incapacità nel disegno e condividere con voi la passione che ho sempre avuto nel fare caricature e vignette su situazioni vissute. Ho usato il condizionale, badate: ogni volta che prometto qualcosa, inevitabilmente non riesco a mantenerla, per cui preferisco mettere le mani avanti xD 
E con questo penso sia tutto. Fatemi sapere se questo post vi è piaciuto e... a presto!
Un abbraccio dalla vostra MelaMirial ;)

giovedì 15 settembre 2016

Recensione: "Vuoi conoscere un casino?" di Alex Astrid


Bentornate sull'Albero, mie care mele!
Quale modo migliore di riprendere il blog dopo la pausa estiva se non con una nuova recensione? Eccomi qui, dunque, con un libro un po' "fuori dal coro" per i miei standard, un romanzo che mi ha tenuta incollata alle pagine nonostante non rientri nei miei generi prediletti!

Titolo: Vuoi conoscere un casino?
Autore: Alex Astrid
Editore: Il Ciliegio
Pagine: 284
Prezzo: 17,00 euro

Trama: Giorgia è una sedicenne della provincia di Milano, scrive a Martina, la cugina morta pochi mesi prima in un incidente d’auto. Martina diventa così “un diario”, un’amica invisibile che accoglie tutte le confessioni e gli sfoghi di Giorgia. La prima lettera è datata 5 febbraio 2014 e narra gli avvenimenti accaduti subito dopo la scomparsa di Martina. Nelle lettere successive Giorgia racconta la sua vita: la famiglia, gli amici, gli amori, ma anche le delusioni e le grandi e piccole gioie. La ragazza racconta soprattutto la storia di un viaggio interiore che la porta fino alla liberazione delle proprie paure e incertezze.
In Vuoi conoscere un casino? c’è tutto il mondo dei giovani di oggi, senza filtri e ipocrisie.

Voto:



Recensione:
A volte fa bene aprirsi verso nuove possibilità, non precludersi nessuna opportunità a prescindere solo per preconcetti o pregiudizi. Qualche volta è bello buttarsi in una lettura nuova, appartenente a generi che non avevamo esplorato. Io l'ho fatto con "Vuoi conoscere un casino?" di Alex Astrid e devo dire di essere rimasta piacevolmente colpita. Ma andiamo con ordine.
Il libro è scritto sotto forma di diario per mano di una ragazza di 16 anni. Chi, da adolescente, non ha avuto un quaderno, dei fogli, un diario in cui riversare le proprie emozioni, i propri pensieri? Il pregio di questo romanzo è proprio questo: essendo scritto in modo confidenziale, intimo, si ha l'impressione di leggere i propri pensieri scritti su carta, come se noi fossimo Giorgia e Giorgia fosse noi.
Ho passato l'età adolescenziale da un po' ormai, ma ricordo ancora molto bene cosa si provasse in alcuni momenti e l'autrice è stata molto brava a riportare su carta la miriade di pensieri che attraversano la mente di una giovane che sta affrontando la vita, che sta crescendo, imparando.
Le parole scivolano via dalla penna di Giorgia (o meglio, di Alex) in modo impetuoso, il ritmo è incalzante, tanto che il romanzo si leggere in pochissimo tempo, si divora letteralmente. Perché? Be' perché Giorgia è esilarante, è una ragazza senza troppi fronzoli né grilli per la testa, semplice, genuina, mai noiosa. Giorgia è viva agli occhi del lettore, proprio perché imperfetta, colma di quelle insicurezze che contraddistinguono l'adolescenza. I suoi pensieri sono pieni delle domande esistenziali che tutti ci siamo posti, ma anche della spensieratezza e della leggerezza tipiche dell'età che lei sta vivendo.
Dalle pagine del suo diario conosceremo i suoi primi amori, le sue delusioni sentimentali, ma anche e soprattutto i suoi valori, quelli che troppo spesso mancano nell'animo degli adolescenti di oggi. Alex Astrid ha portato una ventata d'aria fresca tra le mie letture estive, mi ha fatto sorridere, emozionare come non mi capitava da molto tempo. Grazie alla sua scrittura semplice, schietta e diretta mi sono ritrovata a rivivere con trasporto molte situazioni della mia vita passata. Ho fatto mie le gioie di Giorgia e ho patito sulla mia pelle i suoi dolori, le sue delusioni. Ho esultato dei suoi successi e avrei voluto consolarla nei momenti difficili, abbracciarla e dirle che, anche se sembra assurdo, i drammi adolescenziali si superano e non sono così importanti come appaiono a quell'età.
Il fiume di pensieri di Giorgia è prorompente, non trovo altro aggettivo per descriverlo: le domande che affollano la sua mente sono così tante che spesso è difficile stare dietro al filo dei pensieri, eppure allo stesso tempo tutto quadra, tutto torna, perché anche noi ci siamo sentiti così almeno una volta nella vita.
Ho apprezzato davvero il personaggio di Giorgia, mi sarei aspettata una protagonista più "frivola", meno genuina, invece si è dimostrata una ragazza esemplare, con dei principi e una moralità che difficilmente si ritrovano oggigiorno nelle sue coetanee.
I temi trattati sono molti: il rapporto con i genitori, spesso conflittuale; l'amore e l'amicizia; la differenza tra innamoramento e amore; la sessualità; la spiritualità; l'indipendenza emotiva dagli altri; il dolore per la perdita di qualcuno; la morte; la scuola e la competitività tra compagni di banco. Insomma, Alex Astrid riesce a includere nel suo romanzo molte tematiche importanti, e questo non può che essere un punto forte della sua opera.
Consiglio "Vuoi conoscere un casino?" agli adolescenti, ma anche ai genitori che desiderano comprendere i propri figli che si trovano nell'età difficile. Infine, lo consiglio a chi vuole una lettura spensierata che profumi ancora di estate, che abbia il sapore delle vacanze e la malinconia dell'autunno, a chi vuole rivivere le emozioni dei primi amori e a chi, semplicemente, ha bisogno di un pizzico di romanticismo.

venerdì 15 luglio 2016

Estate sul Melo

Bentornate sull'Albero, mie care mele!
Caspita, l'ultimo post che vi ho lasciato risale alla metà di giugno, eppure a me sembra ieri...
Sono sparita di nuovo e senza preavviso, lo so, purtroppo questa volta la mia lontananza dal blog non è dipesa da me, ma da cause di forza maggiore.
Ho passato un brutto periodo, settimane in cui, anche volendo, non avrei potuto dedicarmi alle mie passioni con spensieratezza. Non posso dirvi di essere tornata a tutti gli effetti, adesso, perché purtroppo continuo ad avere emergenze e pensieri, ma ci provo. Vorrei rassicurarvi, però: non è niente di grave, dovrà solo passare questo periodo e poi confido che le cose tornino pian piano alla normalità.
A proposito di normalità e spensieratezza, volevo provare a raccontarvi un po' quello che ho fatto ultimamente, nei pochi momenti liberi da pensieri e impegni vari.
La vita, a volte, ci mette alla prova, ci porta a riflettere e a fermarci per guardarci dentro. Mi sono accorta, dunque, di essermi un po' persa in questo ultimo anno, e di non essermi più goduta alcune cose come invece facevo un tempo. Ebbene, bisogna perdersi per poi ritrovarsi, giusto? Ed è esattamente quello che ho fatto e che sto facendo.
Se i mesi invernali mi avevano portato un po' di tristezza, isolamento e stanchezza morale, sto pian piano rinascendo, finalmente, anche grazie a quella stagione estiva che spesso mi ritrovo a maledire.
Il mio tempo libero lo passo scrivendo e lavorando a una nuova e importantissima storia, anche per questo sono meno presente sull'Albero: vorrei finirla il più in fretta possibile, dato che ci sto lavorando già da un bel po'.
Quando non scrivo, mi occupo della mia bella casetta che, lasciatevelo dire, sta prendendo una forma che mi piace proprio tanto! I lavori da fare sono ancora molti, i progetti da realizzare altrettanti, ma pian piano la mia casa si sta trasformando insieme a me. Ho ripreso a raccogliere erbe officinali, cosa che mi rende felicissima, perché il loro profumo si spande in cucina, soprattutto la sera. Mi rilasso e per un momento tutte le preoccupazioni della giornata svaniscono. Cerco di godermi tutto il bello di ogni giornata, fino in fondo, perchè sono questi i momenti di cui voglio fare tesoro. L'anno scorso, di questi tempi, avevo realizzato il mio primo oleolito di iperico. Quest'anno, invece, ho deciso di farlo con la lavanda raccolta in montagna, non potete immaginare l'intenso profumo dei fiori! E sì, ho ripreso finalmente a fare passeggiate, a meravigliarmi davanti alla maestosità degli alberi e delle alture; camminare è terapeutico, così come studiare e imparare il più possibile sulle erbe officinali.
La mia estate è fatta anche di cose buone nel forno cucinate con amore e condivise con amici e familiari, perché quest'anno, dopo tutto quello che mi è successo, ho capito che vale la pena prendersi cura di chi ci sta intorno e coccolare i nostri cari grazie anche ai piccoli dettagli. Mi piace l'idea che casa mia possa diventare un luogo di sorrisi e serenità, dove tutte le cose brutte e frustranti restano fuori dall'uscio. Il Melo, sia fisico che virtuale, deve essere il mio piccolo tempio e io sto lavorando affinché questo accada.
Per questo vi chiedo perdono (per l'ennesima volta, sì) se mi troverete scostante e poco presente, ma il tempo che non trascorro qui con voi lo spendo prendendomi cura di me e della mia famiglia, che in questo momento ha bisogno di tutto il mio sostegno e della mia vicinanza.
Per finire, a proposito di famiglia, è entrata nel Melo una nuova presenza felina: Juno! Non vi ho presentato la mia cara micetta perché anche lei mi ha dato il suo bel daffare, a dire il vero non so ancora se potrò permettermi di tenerla, perché non va d'accordo con l'altra mia gatta... E' con me da più di un mese, mi sono affezionata tantissimo alla sua infinita dolcezza e alla sua vivacità, per cui sperate anche voi che prima o poi succeda il miracolo e riescano a convivere tutte e due!
Detto questo, non mi resta che salutarvi e augurarvi una buona e felice estate, noi ci leggiamo presto, non disperate =D
Un abbraccio.

martedì 14 giugno 2016

#SEMEPI: Intervista a d Annalisa di Panesi Editore!


Buon pomeriggio, mie care mele!
Oggi sull'Albero ospitiamo di nuovo l'iniziativa di #SEMEPI, che consiste nel sostenere le piccole case editrici... intervistando direttamente gli editori! (Ve ne ho parlato QUI)
Vediamo quale Casa Editrice conosceremo oggi!



La Casa Editrice

Panesi Edizioni nasce a maggio 2014 con il nome di Kymaera Edizioni. Il nome è cambiato, ma non lo spirito con cui è nata. Spirito che si ritrova nel suo logo, in quel serpente che si morde la coda in un circolo continuo che riporta a sé e all’infinito.
Panesi Edizioni è una nuova casa editrice genovese che opera nel digitale, con un occhio di riguardo ai grandi nomi che hanno reso possibile tutto questo (siamo lettori, prima di tutto).
Panesi Edizioni è una casa editrice che punta fortemente sui giovani talenti, cuore pulsante di ciò che verrà.
Panesi Edizioni è una casa editrice che riposa su valori consolidati, come l’arte, la cultura e la bellezza, e crede, nel suo piccolo, di poterne creare altri.
Panesi Edizioni è un service editoriale e digitale per tutti coloro che vogliano abbandonare la paura del nuovo, mantenendo saldi i principi di qualità, e aprire le porte alle potenzialità dell’e-book reading.
Panesi Edizioni, attraverso le sue teste pensanti, Annalisa e Giulia (sì, sì, vabbé, c'è anche Daniele) non vede i libri come merce, ma come figli da crescere o genitori da accurdire.
Panesi Edizioni, è uno dei possibili passati, ai quali si riallaccia con tre nuove armi: passione, qualità e professionalità.
Panesi Edizioni è uno dei possibili futuri, e vuole portare con sé, in questo viaggio, tutti coloro che credono ancora nella forza e nella bellezza della scrittura.


CONTATTI UTILISito: Panesi Edizioni
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E-mail: info@panesiedizioni.it
Curiosità: sul sito c'è una sezione dedicata a Corsi di formazione, cliccate QUI per saperne di più!

Diamo il benvenuto a Annalisa, l'editrice di Panesi Edizioni!
Ma bando alle ciance: cominciamo subito con le domande.

Cominciamo con una domanda semplice, ma che mi ha sempre incuriosita: qual è il motivo della scelta del nome della Casa Editrice e del logo?La casa editrice prende semplicemente il mio nome, è una mia creatura e in quanto tale si identifica in tutto e per tutto in me. Il logo, a cura della bravissima Ilaria Leopoldo, rappresenta il serpente che si morde la coda in un circolo continuo che riporta a sé e all’infinito, così come l’Arte deve riportare a se stessa così come aprirsi al mondo.
Lasciamo da parte le curiosità e veniamo alle domande tecniche! Qual è la vostra linea editoriale? Di quali generi vi occupate?Prima di tutto siamo lettori, lettori onnivori, e in quanto tali non abbiamo voluto limitare le nostre pubblicazioni ad uno o pochi generi. Da settembre attueremo una modifica radicale delle nostre collane, ma gli unici generi di cui non ci occuperemo più saranno la poesia e la saggistica, eccetto testi riconducibili alle nostre tradizioni liguri, a cui teniamo particolarmente.
Pubblicate solo libri di autori italiani o anche di autori stranieri? Perché questa scelta?Al momento l’unico autore straniero è stato Luca Bortone, scrittore di thriller davvero in gamba. Ma è, per noi, un “falso straniero”, in quanto ticinese di lingua italiana. Al di là di Luca, abbiamo pubblicato due traduzioni in italiano di classici della letteratura, su proposta delle stesse traduttrici: “Storie di numeri di tanto tempo fa” di D.E. Smith a cura di Anna Cascone e “Le anime bianche” di F.H. Burnett a cura di Annarita Tranfici, la primissima traduzione italiana di questo testo poco conosciuto dell’autrice inglese.
Pubblicate cartacei o ebook?La nostra è una casa editrice principalmente digitale, strada su cui puntiamo e in cui crediamo molto. Stampiamo occasionalmente alcuni cartacei in caso di presentazioni o fiere.
Su quale aspetto ponete maggior attenzione per la pubblicazione e/o promozione di un libro?Dipende molto dal genere di libro, cerchiamo innanzitutto di mettere in primo piano l’autore, presentandolo e facendolo conoscere ai lettori. Dopodiché, per la promozione del testo cerchiamo di dare risalto ai suoi punti forti, a ciò che lo caratterizza all’interno di un dato genere ma anche all’originalità che porta in sé.
Qual è la distribuzione della vostra Casa Editrice?Essendo digitali, i nostri libri sono distribuiti in lungo e in largo in tutte le librerie online, italiane e non.
Siamo già giunti all'ultima domanda! Prima di salutarci un'ultima cosa: qual è la qualità indispensabile per un editore? E quali requisiti deve avere un autore per attirare la vostra attenzione?Credo che ogni casa editrice richieda, giustamente, propri requisiti. A noi il testo deve colpire fin da subito come un fulmine a ciel sereno, deve tenerci attaccati allo schermo fino alla fine, con la voglia di “vedere come finisce”. E questo si raggiunge sia attraverso una storia interessante e ben organizzata, sia attraverso una scrittura il più pulita possibile, o almeno curata: i refusi scappano a tutti (pure a noi!), ma presentare un testo ad un editore ricco di errori non è proprio consigliabile!

Grazie mille a Annalisa per averci dedicato parte del suo tempo e aver soddisfatto la nostra curiosità!


Io vi rimando alla pagina Facebook di SEMEPI, ricordandovi che per i prossimi 7 giorni pubblicizzeremo 7 titoli del catalogo della Panesi Edizioni.
Mi raccomando, passate a trovarci!



giovedì 9 giugno 2016

Anteprima: "La Terra delle Storie. Oltre i Regni" di Chris Colfer


Buon pomeriggio, mie care mele!
E' con immenso piacere che vi comunico l'uscita del penultimo libro della serie della Terra delle Storie, scritta da Chris Colfer =D Ho atteso per un anno questa notizia, e finalmente posso dirvi che a breve potremo stringere tra le mani il quarto capitolo di questa appassionante saga!


Titolo: La Terra delle Storie. Oltre i Regni
Autore: Chris Colfer
Editore: Rizzoli
Pagine: 576
Prezzo: 15 euro
Pubblicazione: 16 giugno 2016

Trama: L'Uomo Mascherato minaccia la Terra delle Storie. Sta ad Alex e Conner fermarlo... tranne che Alex è stata espulsa dal Consiglio delle Fate e nessuno vuol credere di essere in pericolo. Con il solo aiuto di Riccioli d'Oro, Jack, Cappuccetto e Mamma Oca, i gemelli Bailey scoprono le trame segrete del nemico: possiede una potente pozione magica che può trasformare ogni libro in un portale, e sta formando un esercito fatto di tutti i peggiori cattivi della letteratura. Inizia così una corsa all'ultimo respiro che passa per i paesi delle storie classiche, dal regno di Oz all'Isola che non c'è, per rincorrere l'Uomo Mascherato e fermare i suoi piani distruttivi.

Curiosi? Io non sto più nella pelle e non vedo l'ora che arrivi la prossima settimana per poterlo stringere tra le mani!

lunedì 6 giugno 2016

Recensione: "Strane creature" di Tracy Chevalier


Bentornate sull'Albero, mie care mele!
Oggi vi propongo la recensione di un romanzo che mi ha sorpresa a suo modo e che ha saputo insegnarmi e trasmettermi qualcosa. Se anche voi l'avete letto, lasciatemi i vostri pareri in un commento =)


Titolo: Strane creature
Autore: Tracy Chevalier
Editore: Neri Pozza Editore
Pagine: 287
Prezzo: 9,00 euro

Trama: È il 1811 a Lyme, un piccolo villaggio del Sussex. Un giorno sbarcano nel villaggio le sorelle Philpot. Vengono da Londra, sono eleganti, vestite alla moda, sono bizzarre creature per gli abitanti di quella costa spazzata dal vento. Margaret, diciotto anni, riccioli neri e braccia ben tornite, sorprende costantemente tutti coi suoi turbanti verdolini sconosciuti alle ragazze di Lyme, che se ne vanno in giro ancora con grevi vestiti stile impero. Louise, meravigliosi occhi grigi e grandi mani, coltiva una passione per la botanica che è incomprensibile in quel piccolo mondo dove alle donne è dato solo di maritarsi e accudire i figli. Ma è soprattutto Elizabeth, la più grande delle Philpot, a costituire un'eccentrica figura in quel paesino sperduto sulla costa. Ha venticinque anni. Dovrebbe comportarsi come una sfortunata zitella per l'età che ha e l'aspetto severo che si ritrova, ma se ne va in giro come una persona orgogliosamente libera e istruita che non si cura affatto di civettare con gli uomini. In paese ha stretto amicizia con Mary Anning, la figlia dell'ebanista. Quand'era poco più che una poppante, Mary è stata colpita da un fulmine. La donna che la teneva fra le braccia e le due ragazze accanto a lei morirono, ma lei la scampò. Prima dell'incidente era una bimba quieta e malaticcia. Ora è una ragazzina vivace e sveglia che passa il suo tempo sulla spiaggia di Lyme, dove dice di aver scoperto strane creature dalle ossa gigantesche, coccodrilli enormi vissuti migliaia di anni fa.

Voto:



Recensione:
Tracy Chevalier è una di quelle autrici di cui ho sempre sentito parlare tanto e bene, tuttavia, non so come mai, provavo una certa ritrosia ad avvicinarmi ai suoi libri. Alla fine, incuriosita dalle voci e dai pareri positivi, mi sono decisa a cercare i suoi libri sul web per sceglierne uno da cui cominciare, e ho scelto "Strane creature", perchè sembrava parlare di argomenti a me cari. Devo dire che le aspettative non sono state tradite, anzi!
La ricostruzione storica attuata dalla Chevalier è a dir poco notevole. L'autrice, infatti, non solo si è basata su una storia vera, ma nel suo romanzo ha dato voce a personaggi realmente esistiti, cercando di immaginarseli come dovevano essere nella realtà.
Sono rimasta molto colpita dalla bravura dell'autrice nella sua tecnica narrativa. Il libro, infatti, è narrato in prima persona dalle due protagoniste, Elizabeth Philpot e Mary Anning.
La prima è una donna che ha ormai superato l'età da marito; rimasta nubile, si trasferisce da Londra nella cittadina di Lyme, sulla costa, insieme alle sue sorelle. Qui, scopre di avere un'innata passione per i fossili, in cui si imbatte per caso sulla spiaggia. Ed è a Lyme che la sua vita si incrocia con quella di Mary Anning, una bambina alle soglie dell'adolescenza, figlia di un ebanista nonché una vera cacciatrice di fossili. Mary ed Elizabeth impareranno molto l'una dall'altra, nell'arco della storia. I loro punti di vista ci vengono svelati a capitoli alterni e, la cosa che ho trovato interessante e che mi ha stupita non poco, è stato il modo in cui questo avviene. Non solo Tracy Chevalier riesce a mantenere il doppio punto di vista senza renderlo banale, incoerente o confusionario, ma l'evoluzione di Mary Anning, bambina all'inizio e donna matura al tramonto della storia, è evidente agli occhi del lettore. In un primo momento, Mary ci parla in modo quasi sgrammaticato, essendo povera e priva di educazione. Sul finire della storia, invece, il suo linguaggio abbandona i modi di dire infantili e si fa più maturo, accorto, quasi dotto.
Per quanto riguarda la storia in sè, se da un libro desiderate avventura e colpi di scena, allora Strane creature non è un libro che fa al caso vostro. Tracy Chevalier riporta la realtà dei fatti per suo interesse storico e documentario; nonostante ciò, ho amato le ambientazioni e la caratterizzazione dei personaggi, soprattutto delle protagoniste. Ho trovato interessanti le informazioni date dall'autrice, a lettura conclusa posso ritenermi in qualche modo arricchita culturalmente. Strane creature è la storia di due donne che vanno contro le regole e l'etichetta della società per inseguire i propri sogni. Le scoperte di Mary Anning, donna e per questo poco considerata dalla comunità scientifica dell'epoca, furono molto utili a Charles Darwin per formulare la teoria dell'evoluzione delle specie. Inutile dire, dunque, quanto il contributo delle due protagoniste del romanzo sia risultato prezioso per le scoperte dell'epoca moderna. Gli studi di Mary ed Elizabeth hanno contribuito a creare il nostro pensiero odierno, scatenando l'ennesima crisi tra scienza e religione. E' stato bello poter assistere da lettrice al cambiamento di un'epoca, con le sue domande sul passato e sul futuro, i dubbi e la sete di conoscenza. Sono tutti aspetti in cui mi sono ritrovata. Sebbene in molti abbiano considerato Strane creature una lettura noiosa, ho saputo apprezzarla proprio per l'amore che l'autrice ha messo nello scriverla. E' encomiabile il lavoro di studio e ricerca condotto per la stesura del romanzo, degno di lode.
Va detto, dunque, che l'approccio con questo libro non debba essere lo stesso riservato a tutti gli altri romanzi: bisogna avvicinarsi a Strane creature di Tracy Chevalier come si farebbe se si fosse pronti a usare una macchina del tempo, perché l'autrice ci mostra con abilità e occhio attento la realtà delle cose, senza perdersi in inutili frivolezze. A tratti mi è sembrato di leggere un classico della letteratura inglese, in particolare un libro di Jane Austen, dato che anche qui risulta prepotente il giudizio della società dell'epoca nei confronti delle donne, in particolar modo di quelle rimaste nubili. Mary Anning ed Elizabeth Philpot sono vissute effettivamente negli stessi anni della Austen, la stessa autrice la cita all'interno delle pagine del romanzo. Non si esclude, dunque, che le donne possano essersi realmente incontrate nella cittadina di Lyme, dove Jane Austen si recò per farsi costruire un mobile dall'ebanista della cittadina marittima. Tale ebanista, altri non era che il padre di Mary, protagonista della storia della Chevalier.
Insomma, gli spunti di riflessione non mancano in questa lettura storica e dal sapore documentario. Leggetela se amate la biologia, i minerali e siete affascinati dai fossili. Leggetela se, come me, avete un po' l'indole dell'archeologo, o se amate le storie ambientate in riva al mare. Strane creature è una lettura che trasmette libertà di pensiero ed espressione, caparbietà e forza di volontà. Se vi avvicinerete a essa con lo spirito giusto, sono certa che non ve ne pentirete e l'apprezzerete così come ho fatto io.
Leggerò sicuramente altro di questa autrice, anzi, non vedo l'ora di gettarmi a capofitto in un nuovo libro di Tracy Chevalier ricco di storia e sentimento.



giovedì 2 giugno 2016

Intervista a Francesca Diotallevi


Bentornate sull'Albero, mie care mele!
Oggi ospito sotto le fronde del Melo una scrittrice italiana di grande talento. Sto parlando di Francesca Diotallevi, autrice di "Dentro soffia il vento" (leggi la mia recensione qui).

1) Ciao Francesca e grazie per aver accettato di essere mia ospite! Dato che non ami le domande di presentazione, proviamo a conoscerti tramite i tuoi romanzi e il rapporto con la scrittura, con una domanda piuttosto classica: come è nata l'idea per Dentro soffia il vento?

Da una fotografia raffigurante una lapide. Mi è bastato leggere ciò che vi era scritto, il modo in cui era scritto, e già stavo immaginando una storia. Questa lapide, collocata nei boschi sopra il piccolo borgo di Saint Rhémy, ultimo villaggio valdostano prima del confine svizzero, parlava di un gruppo di zingari definiti ‘stagnini’ per la loro abilità nel lavorare i metalli, accampati nella foresta e travolti, in una notte di tormenta, da una fatale valanga. Ho unito la curiosità per questo fatto storico al mio amore per la Valle D’Aosta, i suoi luoghi e le sue leggende e ne è venuto fuori questo romanzo che racchiude in sé molto del mio vissuto e delle mie passioni.

2) Essendo scrittrice a mia volta, mi incuriosisce sempre il rapporto che si instaura tra l'autore e i suoi personaggi. È risaputo, infatti, che molti sostengano che siano questi ultimi a “manovrare” l'autore, e non viceversa. Tu che rapporto hai con i tuoi personaggi? Lasci che ti guidino loro nella storia o sei tu la mente e loro il braccio?

Io, di solito, sono l’ultima ruota del carro. Scherzi a parte, è proprio vero che fanno tutto di testa loro. Forse chi non scrive non può capirlo fino in fondo, ma arriva sempre quel magico momento in cui capisci che la storia funziona perché… si scrive da sola. I personaggi hanno trovato la loro voce e non hanno più bisogno che tu gli tenga la mano guidandoli passo passo. Tutto quello che puoi fare, arrivata a questo punto, è mettere il pilota automatico e vedere dove ti porteranno gli amici di carta a cui hai dato forma e che poi hai visto trasformarsi in persone reali che ti tengono compagnia in ogni momento della giornata.

Fiamma e Ribes
3) Come darti torto? La vediamo proprio allo stesso modo! Rimanendo sempre nell'argomento, per i personaggi della tua storia ti sei ispirata a qualcuno di reale?

Nì. Come dicevo sopra, gli zingari sono gli unici personaggi del romanzo ad avere attinenze con la realtà. Tutti gli altri sono forse un miscuglio di persone reali e personaggi letterari incontrati nel corso della mia vita, con qualcosa di me a completare il tutto. Ad Agape, per esempio, ho prestato parte del mio carattere un po’ insicuro, a Yann il fardello della responsabilità che impedisce, a volte, di capire cosa si vuole davvero e andare a prenderselo, dandosi un sacco di inutili scuse. A Fiamma ho dato il mio amore per i libri e le parole, la consapevolezza che solo la conoscenza renda davvero liberi.

4) Sei giovane, eppure la tua scrittura ha dimostrato non poca maturità. Quali autori ti hanno “formata” come scrittrice?

Fin da bambina ho sempre letto moltissimi libri, quindi gli autori che mi hanno influenzato, in vari periodi della mia vita, sono molti e molto diversi tra di loro. Uno dei primi scrittori con cui mi sono confrontata da ragazzina è Stephen King: adoro il suo stile, potrei leggere anche la lista della spesa se a scriverla fosse lui. Generalmente viene etichettato come autore horror/commerciale, ma alcuni suoi romanzi sono delle perle rare, che mi hanno fatto versare calde lacrime. Ci sono poi gli autori classici a cui sono molto legata: Dumas (padre), Flaubert, James, le sorelle Brönte. Per tornare sui contemporanei, invece, cito tre autrici a cui mi sento molto affine come stile e tematiche: Tracy Chevalier, Susan Vreeland e Sarah Waters.

5) Una domanda che si collega alla precedente: quali sono i tuoi libri/autori preferiti?

Uno su tutti è Jane Eyre, di Charlotte Brönte. In questo romanzo c’è tutto ciò che amo trovare in una storia: personaggi complessi, atmosfere cupe, segreti inconfessabili, una grande e sofferta storia d’amore e una protagonista forte, che non si lascia abbattere dalla piega degli eventi. Ma i libri che mi sono entrati nel cuore sono tanti: La ragazza con l’orecchino di perla, Il petalo cremisi e il bianco, Quel che resta del giorno, Il Gattopardo, Rebecca… e la smetto qui, o potrei andare avanti per ore!

6) Parliamo ora del difficile rapporto tra editore e scrittore. Molti autori che attendono di esordire, o comunque emergenti, si chiedono come “farsi notare” dalle grandi case editrici. Tu hai qualche consiglio da dare? Sei stata pubblicata da Mursia, Mondadori Electa e, ora, da Neri Pozza. È stato “facile” (si fa per dire, ovviamente) per te trovare il consenso di un grande editore?

No, non è stato facile. Quando si parla di scrittura si parla di rifiuti, porte sbattute in faccia e gavetta. Tanta gavetta. Il grosso errore (che, peccando di presunzione, ho commesso a mia volta all’inizio della mia carriera) è credere che la pubblicazione sia il punto di arrivo. Niente di più sbagliato, soprattutto se poi ti trovi ad avere a che fare con un editore che non ti supporta come dovrebbe, ma ti lascia un po’ abbandonato a te stesso. Non so quale sia il segreto di certi autori che riescono a farsi pubblicare il primo romanzo da un grosso editore e vendono, da subito, migliaia di copie. Io ho seguito l’iter classico dell’invio del manoscritto e della paziente attesa.
Con Mursia ho mosso i primi passi, poi Mursia mi ha voltato le spalle e ho dovuto ricominciare da zero. Ho aspettato otto mesi una risposta alle numerose mail inviate, in cui proponevo il mio secondo lavoro, che è stato poi accettato da Mondadori Electa. A Neri Pozza sono arrivata grazie a un Premio letterario… insomma, ho avuto le mie gioie, certo, ma anche delle discrete stangate sui denti! Ora però devo dire che grazie a Neri Pozza sento di essere, finalmente, nel posto in cui volevo essere. Ed è una sensazione per cui è valsa la pena fare tanta fatica!

7) Le tre regole (o ingredienti) della scrittura secondo te.

Leggere molto.
Scrivere solo ciò che appassiona. Se quello che state scrivendo annoia persino voi che gli date forma, lasciate perdere.
Tagliare senza remore. Lo so, siamo tutti innamorati di ciò che scriviamo, ma dovremmo imparare a guardare il nostro lavoro con gli occhi di un critico severo, e se qualcosa non convince, eliminarlo senza pietà. La troppa indulgenza verso se stessi, nella scrittura, non paga.

8) Nel tuo romanzo parli della guerra; essa non è mai protagonista, eppure incombe sui personaggi da te creati. Gli hai dedicato poche pagine, che però mi hanno colpita e commossa per la loro intensità. Mi sono chiesta se per scriverle hai attinto da fonti certe: hai riportato esperienze che hai sentito raccontare da familiari? Le hai trovate sui libri?

Le lettere dal fronte sono stata la parte più difficile dell’intero romanzo da scrivere, per due motivi: 1) hanno richiesto una grande documentazione 2) mi hanno sbriciolato il cuore. Ho letto molta corrispondenza di guerra per renderle credibili, alcune cose che descrivo sono fatti realmente accaduti, che mi hanno lasciato addosso per giorni una cappa di tristezza e profondo sconforto per tutte quelle vite spezzate così miseramente. Come dice Raphaël a un certo punto: quello che mi lascia senza parole è stato veder morire così inutilmente.

9) Leggevo in una tua precedente intervista che hai pianto scrivendo alcune scene del romanzo. Prima di tutto, tantissimi complimenti per essere riuscita a trasmettere tutte le tue emozioni nella scrittura, è una cosa che pochi autori sanno fare. Condivido il tuo modo di partecipare ai drammi e alle gioie dei personaggi di cui si scrive, ma ora ti chiedo: come lenisci il dolore, la pena, la tristezza per quello che stai scrivendo? Come contieni la gioia? Se hai un rimedio, ti prego, fammelo sapere, perché a volte mi sento così in colpa per quello che scrivo dei miei personaggi – o, al contrario, così euforica – da incepparmi e non riuscire più ad andare avanti con la scrittura xD

In realtà, non credo serva un rimedio a questo, perché questa capacità di provare emozioni durante la scrittura è ciò che, molto probabilmente, farà funzionare la storia. Per il discorso di prima, cioè che se qualcosa annoia lo scrittore per primo, di certo annoierà a morte anche il lettore, credo che il fatto che lo scrittore sappia commuoversi, o indignarsi, per ciò che ha messo nero su bianco gli conceda buone probabilità di trasmettere queste sensazioni anche ai suoi lettori. Ed è questo che ripaga, alla fine, ogni pena: sapere di essere riusciti a regalare un’emozione autentica.

10) Dentro soffia il vento è ambientato a Saint Rhèmy, in Valle d'Aosta. Dal tuo libro trapela una profonda conoscenza, oltre che a un amore sconfinato, per questo paese incastonato tra i monti. Ci hai vissuto? Come mai hai scelto questa ambientazione?

Ho scelto Saint Rhèmy per via del fatto storico realmente accaduto da cui ho preso spunto per scrivere questa storia, ma in effetti nutro un grande amore per la Valle D’Aosta, che considero un po’ la mia seconda casa, il mio luogo del cuore, quello in cui fuggire quando ho bisogno di staccare la spina. Niente, come i boschi fitti di verde, i profili delle montagne contro il cielo trasparente e il silenzio che regna in quei luoghi sa rimettermi insieme l’anima un po’ accartocciata dal tran tran quotidiano. Non ho mai vissuto a Saint Rhémy, ma vi ho sempre trascorso le mie vacanze.

12) Uno dei personaggi della tua storia è un animale, una volpe per la precisione. Non ho potuto fare a meno di notare, sia in Dentro soffia il vento che nel racconto Le Grand Diable, un rispetto per il mondo animale, una sensibilità non comune a tutti. Vuoi dirci qualcosa al riguardo? Hai animali a casa?

Farò una premessa: uno dei soprannomi affibbiatami, fin da piccola, dai miei parenti, è San Francesco. Io ero la bambina che tornava a casa dalle elementari con la scatola piena di gattini abbandonati che lasciavano nel cortile della scuola, e che nessuno voleva. Quella che recuperava gli uccelli caduti dal nido e li coccolava, quella che divideva la merenda con il cane. Una volta ho messo su anche un allevamento di lumache, quelle che mio nonno trovava nell’orto e di cui tentava di liberarsi con metodi alquanto brutali. Per me gli animali sono sempre stati una costante e una parte fondamentale della mia vita, ne ho avuti tanti, di varie specie, e per loro nutro un amore profondo. Adesso vivo con il mio gatto Ilio, un micio senza un occhietto adottato dal gattile, ma a casa dei miei genitori ho tre cagnoline, anche loro salvate da diverse situazioni difficili. Ho un debole per gli animali sfortunati, quelli che si trovano in difficoltà e hanno bisogno che qualcuno si prenda cura di loro. Come la volpe Ribes della mia storia.

13) Hai altri romanzi in cantiere?

Ho sempre qualcosa che mi frulla per la testa, e nel computer ho una cartella piena di storie iniziate e poi abbandonate per svariati motivi. Ora che ho avuto la fortuna di incontrare il mio editore ideale, ho scoperto che ci troviamo del tutto in sintonia sulla scelta dei soggetti, e questo mi rende libera di lasciar correre la fantasia. Attualmente sto raccogliendo un po’ di materiale per una nuova storia che, se mai vedrà la luce, parlerà di una donna italiana vissuta nel Rinascimento, la cui vita è già un romanzo di per sé e che spero di riuscire a rendere reale quel tanto che basta perché i lettori possano affezionarcisi. Io lo sono già.


L'intervista è finita, ringrazio infinitamente Francesca per la sua disponibilità e gentilezza nel rispondere alle mie numerose domande.
Un abbraccio a tutte voi, care mele! A presto.

martedì 31 maggio 2016

#SEMEPI: Intervista a Giordana Gradara di Plesio Editore!

Benvenuti, Lettori!
Oggi c'è molta trepidazione sul Melo e su Il Pozzo dei Sussurri. Io e mia sorella Yvaine, infatti, siamo così felici da non stare più nella pelle di passare alla parte importante di questo post, ma due spiegazioni ve le dobbiamo.
Da circa una settimana abbiamo avviato un'iniziativa di cui vi ho già parlato e di cui trovate maggiori informazioni cliccando sull'immagine in alto nella colonna di sinistra del blog di Yvaine.
L'avrete comunque capito dal titolo dell'immagine: si tratta di sostenere le piccole case editrici... intervistando direttamente gli editori!
E' con immenso piacere che inauguriamo l'iniziativa con l'intervista a Giordana Gradara, editrice della Plesio Editore. Prima di lasciare la parola, però, conosciamo la storia di questa giovane Casa Editrice.

La Casa Editrice
Plesio Editore nasce nell'ottobre 2011 dalla passione di alcuni amanti del genere fantasy e della letteratura d’evasione. Dal desiderio di dimostrare che il fantastico è e vale molto più di quanto comunemente non si pensi.
Con i nostri libri vogliamo ottenere un prodotto eccellente, curato, amato in ogni fase di lavorazione. Un prodotto per la cui realizzazione non sono stati accettati compromessi, per il cui acquisto un cliente non debba mai dispiacersi. Un libro che sia il risultato dell’amore che lo scrittore ha impiegato nello scriverlo e della passione che l’editore ha provato nel lavorarci sopra.
Le nostre collane, AurendorSirioCucciosaruri ed ePlesio, vogliono diventare un faro per tutti gli appassionati di letteratura fantastica e noi lavoreremo affinché ciò avvenga.
Di quanto detto sopra, c’è una frase che ci preme sottolineare; la mancata accettazione di compromessi. Di nessun tipo. Plesio si schiererà con la buona letteratura e con i bravi autori (questo è il minimo), ma anche con la trasparenza, il rapporto umano, il lavoro duro, l’originalità e, soprattutto, il coraggio.
Ecco appunto; il coraggio. Non si può cambiare un mondo senza coraggio e quello dell’editoria non fa eccezione. Ne consegue la nostra scelta di essere noi i primi investitori dei libri che pubblicheremo.


CONTATTI UTILISito: Plesio Editore
Pagina Facebook: Plesio Editore
E-mail: info@plesioeditore.it
Curiosità: offrono servizi editoriali per chi cerca un aiuto per correggere il proprio manoscritto. Per gli interessati ecco il link: Servizi Editoriali


Ora diamo finalmente il benvenuto a Giordana Gradara, l'editrice di Plesio Editore!
Ma bando alle ciance: cominciamo subito con le domande.

Cominciamo con una domanda semplice, ma che ci ha sempre incuriosite: qual è il motivo della scelta del nome della Casa Editrice e del logo? Bene, questa la so! Scherzi a parte, cercavamo un nome che potesse riportare alla capacità di esplorare mondi diversi dal nostro. Inizialmente la lista era varia, c’era sì Plesio (da plesiosauro, la famiglia a cui si fa appartenere per convenzione Nessie, il famoso mostro di Lock Ness), ma anche Nautilus, Argo o Zaratan. Il greco a questo punto c’è venuto in aiuto. “Plesio” significa “vicino”. E così come il plesiosauro è vicino, ovvero simile, a un dinosauro senza esserlo… Plesio racconta storie vicine alla realtà, esplorandone il lato fantastico.
Lasciamo da parte le curiosità e veniamo alle domande tecniche! Qual è la vostra linea editoriale? Di quali generi vi occupate? So anche questa. Ho quasi il dubbio di essermi preparata a dovere a questo punto! Ci occupiamo di fantastico, in particolare di fantasy e fantascienza, senza disdegnare nessuno dei sottogeneri a questi ascrivibili. Be’, in effetti era una risposta abbastanza facile.
Pubblicate solo libri di autori italiani o anche di autori stranieri? Perché questa scelta? Al momento abbiamo pubblicato solo italiani, ma non è detto che in futuro le cose non possano cambiare. 
Pubblicate cartacei o ebook? Entrambi. Di solito i nostri cartacei diventano ebook, ma abbiamo anche storie che nascono appositamente per il mercato digitale. Crediamo che ogni storia abbia un suo formato di riferimento.
Su quale aspetto ponete maggior attenzione per la pubblicazione e/o promozione di un libro? Ecco, questa è una domanda un po’ più complessa. Risponderò dilungandomi un po’, fingendo di sapere, come si faceva all’università con le domande più ostiche. Dunque, la pubblicazione dicevamo. I libri per essere pubblicati devono rispondere a tre criteri fondamentali più uno intrinseco.

1) Devono essere buoni libri,
2) Devono essere coerenti con le nostre collane,
3) Devono avere buone possibilità di essere ben accettati dal mercato.
Poi c’è il valore intrinseco della piacevolezza, che forse è il più importante di tutti. Dobbiamo esserci appassionati durante la sua lettura. La promozione, invece, è qualcosa di più complesso. Non esistono ricette magiche. Noi piccoli non possiamo contare su una distribuzione che garantisca la presenza immediata in tutte le librerie, quindi i canali tradizionali di pubblicità spesso non sono adatti a noi, perché se anche il lettore trovasse interessante la recensione letta sul tal quotidiano, senza trovare il libro fisicamente sugli scaffali difficilmente proverà a cercarlo. Il digitale supera questo scoglio solo in parte, perché se è vero che un file è immediatamente scaricabile da chiunque, è altrettanto vero che le prime pagine di ricerca e i libri più in evidenza sono sempre i soliti noti. Al momento crediamo che il modo migliore per farci conoscere sia parlare direttamente con i nostri lettori, ed è per questo che amiamo molto partecipare alle fiere di settore.
Qual è la distribuzione della vostra Casa Editrice? Siamo distribuiti a livello nazionale da Libro Co, che è partner FastBook.
Siamo già giunti all'ultima domanda! Prima di salutarci un'ultima cosa: qual è la qualità indispensabile per un editore? E quali requisiti deve avere un autore per attirare la vostra attenzione? Penso che ogni editore abbia la sua qualità indispensabile. Noi crediamo particolarmente nel lavoro di squadra, per questo cerchiamo di coltivare positivamente il rapporto e la collaborazione con i nostri autori. La qualità che non vorrei mai Plesio perdesse, neanche a fronte di una crescita aziendale, è la capacità di creare rapporti sani e costruttivi con tutti i nostri autori e collaboratori. 
Grazie mille a Giordana per averci dedicato parte del suo tempo e aver soddisfatto la nostra curiosità! Grazie a voi per avermi ospitato.

Io vi rimando alla pagina Facebook di SEMEPI, ricordandovi che per i prossimi 7 giorni pubblicizzeremo 7 titoli del catalogo della Plesio Editore. Mi raccomando, passate a trovarci!

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