giovedì 2 giugno 2016

Intervista a Francesca Diotallevi


Bentornate sull'Albero, mie care mele!
Oggi ospito sotto le fronde del Melo una scrittrice italiana di grande talento. Sto parlando di Francesca Diotallevi, autrice di "Dentro soffia il vento" (leggi la mia recensione qui).

1) Ciao Francesca e grazie per aver accettato di essere mia ospite! Dato che non ami le domande di presentazione, proviamo a conoscerti tramite i tuoi romanzi e il rapporto con la scrittura, con una domanda piuttosto classica: come è nata l'idea per Dentro soffia il vento?

Da una fotografia raffigurante una lapide. Mi è bastato leggere ciò che vi era scritto, il modo in cui era scritto, e già stavo immaginando una storia. Questa lapide, collocata nei boschi sopra il piccolo borgo di Saint Rhémy, ultimo villaggio valdostano prima del confine svizzero, parlava di un gruppo di zingari definiti ‘stagnini’ per la loro abilità nel lavorare i metalli, accampati nella foresta e travolti, in una notte di tormenta, da una fatale valanga. Ho unito la curiosità per questo fatto storico al mio amore per la Valle D’Aosta, i suoi luoghi e le sue leggende e ne è venuto fuori questo romanzo che racchiude in sé molto del mio vissuto e delle mie passioni.

2) Essendo scrittrice a mia volta, mi incuriosisce sempre il rapporto che si instaura tra l'autore e i suoi personaggi. È risaputo, infatti, che molti sostengano che siano questi ultimi a “manovrare” l'autore, e non viceversa. Tu che rapporto hai con i tuoi personaggi? Lasci che ti guidino loro nella storia o sei tu la mente e loro il braccio?

Io, di solito, sono l’ultima ruota del carro. Scherzi a parte, è proprio vero che fanno tutto di testa loro. Forse chi non scrive non può capirlo fino in fondo, ma arriva sempre quel magico momento in cui capisci che la storia funziona perché… si scrive da sola. I personaggi hanno trovato la loro voce e non hanno più bisogno che tu gli tenga la mano guidandoli passo passo. Tutto quello che puoi fare, arrivata a questo punto, è mettere il pilota automatico e vedere dove ti porteranno gli amici di carta a cui hai dato forma e che poi hai visto trasformarsi in persone reali che ti tengono compagnia in ogni momento della giornata.

Fiamma e Ribes
3) Come darti torto? La vediamo proprio allo stesso modo! Rimanendo sempre nell'argomento, per i personaggi della tua storia ti sei ispirata a qualcuno di reale?

Nì. Come dicevo sopra, gli zingari sono gli unici personaggi del romanzo ad avere attinenze con la realtà. Tutti gli altri sono forse un miscuglio di persone reali e personaggi letterari incontrati nel corso della mia vita, con qualcosa di me a completare il tutto. Ad Agape, per esempio, ho prestato parte del mio carattere un po’ insicuro, a Yann il fardello della responsabilità che impedisce, a volte, di capire cosa si vuole davvero e andare a prenderselo, dandosi un sacco di inutili scuse. A Fiamma ho dato il mio amore per i libri e le parole, la consapevolezza che solo la conoscenza renda davvero liberi.

4) Sei giovane, eppure la tua scrittura ha dimostrato non poca maturità. Quali autori ti hanno “formata” come scrittrice?

Fin da bambina ho sempre letto moltissimi libri, quindi gli autori che mi hanno influenzato, in vari periodi della mia vita, sono molti e molto diversi tra di loro. Uno dei primi scrittori con cui mi sono confrontata da ragazzina è Stephen King: adoro il suo stile, potrei leggere anche la lista della spesa se a scriverla fosse lui. Generalmente viene etichettato come autore horror/commerciale, ma alcuni suoi romanzi sono delle perle rare, che mi hanno fatto versare calde lacrime. Ci sono poi gli autori classici a cui sono molto legata: Dumas (padre), Flaubert, James, le sorelle Brönte. Per tornare sui contemporanei, invece, cito tre autrici a cui mi sento molto affine come stile e tematiche: Tracy Chevalier, Susan Vreeland e Sarah Waters.

5) Una domanda che si collega alla precedente: quali sono i tuoi libri/autori preferiti?

Uno su tutti è Jane Eyre, di Charlotte Brönte. In questo romanzo c’è tutto ciò che amo trovare in una storia: personaggi complessi, atmosfere cupe, segreti inconfessabili, una grande e sofferta storia d’amore e una protagonista forte, che non si lascia abbattere dalla piega degli eventi. Ma i libri che mi sono entrati nel cuore sono tanti: La ragazza con l’orecchino di perla, Il petalo cremisi e il bianco, Quel che resta del giorno, Il Gattopardo, Rebecca… e la smetto qui, o potrei andare avanti per ore!

6) Parliamo ora del difficile rapporto tra editore e scrittore. Molti autori che attendono di esordire, o comunque emergenti, si chiedono come “farsi notare” dalle grandi case editrici. Tu hai qualche consiglio da dare? Sei stata pubblicata da Mursia, Mondadori Electa e, ora, da Neri Pozza. È stato “facile” (si fa per dire, ovviamente) per te trovare il consenso di un grande editore?

No, non è stato facile. Quando si parla di scrittura si parla di rifiuti, porte sbattute in faccia e gavetta. Tanta gavetta. Il grosso errore (che, peccando di presunzione, ho commesso a mia volta all’inizio della mia carriera) è credere che la pubblicazione sia il punto di arrivo. Niente di più sbagliato, soprattutto se poi ti trovi ad avere a che fare con un editore che non ti supporta come dovrebbe, ma ti lascia un po’ abbandonato a te stesso. Non so quale sia il segreto di certi autori che riescono a farsi pubblicare il primo romanzo da un grosso editore e vendono, da subito, migliaia di copie. Io ho seguito l’iter classico dell’invio del manoscritto e della paziente attesa.
Con Mursia ho mosso i primi passi, poi Mursia mi ha voltato le spalle e ho dovuto ricominciare da zero. Ho aspettato otto mesi una risposta alle numerose mail inviate, in cui proponevo il mio secondo lavoro, che è stato poi accettato da Mondadori Electa. A Neri Pozza sono arrivata grazie a un Premio letterario… insomma, ho avuto le mie gioie, certo, ma anche delle discrete stangate sui denti! Ora però devo dire che grazie a Neri Pozza sento di essere, finalmente, nel posto in cui volevo essere. Ed è una sensazione per cui è valsa la pena fare tanta fatica!

7) Le tre regole (o ingredienti) della scrittura secondo te.

Leggere molto.
Scrivere solo ciò che appassiona. Se quello che state scrivendo annoia persino voi che gli date forma, lasciate perdere.
Tagliare senza remore. Lo so, siamo tutti innamorati di ciò che scriviamo, ma dovremmo imparare a guardare il nostro lavoro con gli occhi di un critico severo, e se qualcosa non convince, eliminarlo senza pietà. La troppa indulgenza verso se stessi, nella scrittura, non paga.

8) Nel tuo romanzo parli della guerra; essa non è mai protagonista, eppure incombe sui personaggi da te creati. Gli hai dedicato poche pagine, che però mi hanno colpita e commossa per la loro intensità. Mi sono chiesta se per scriverle hai attinto da fonti certe: hai riportato esperienze che hai sentito raccontare da familiari? Le hai trovate sui libri?

Le lettere dal fronte sono stata la parte più difficile dell’intero romanzo da scrivere, per due motivi: 1) hanno richiesto una grande documentazione 2) mi hanno sbriciolato il cuore. Ho letto molta corrispondenza di guerra per renderle credibili, alcune cose che descrivo sono fatti realmente accaduti, che mi hanno lasciato addosso per giorni una cappa di tristezza e profondo sconforto per tutte quelle vite spezzate così miseramente. Come dice Raphaël a un certo punto: quello che mi lascia senza parole è stato veder morire così inutilmente.

9) Leggevo in una tua precedente intervista che hai pianto scrivendo alcune scene del romanzo. Prima di tutto, tantissimi complimenti per essere riuscita a trasmettere tutte le tue emozioni nella scrittura, è una cosa che pochi autori sanno fare. Condivido il tuo modo di partecipare ai drammi e alle gioie dei personaggi di cui si scrive, ma ora ti chiedo: come lenisci il dolore, la pena, la tristezza per quello che stai scrivendo? Come contieni la gioia? Se hai un rimedio, ti prego, fammelo sapere, perché a volte mi sento così in colpa per quello che scrivo dei miei personaggi – o, al contrario, così euforica – da incepparmi e non riuscire più ad andare avanti con la scrittura xD

In realtà, non credo serva un rimedio a questo, perché questa capacità di provare emozioni durante la scrittura è ciò che, molto probabilmente, farà funzionare la storia. Per il discorso di prima, cioè che se qualcosa annoia lo scrittore per primo, di certo annoierà a morte anche il lettore, credo che il fatto che lo scrittore sappia commuoversi, o indignarsi, per ciò che ha messo nero su bianco gli conceda buone probabilità di trasmettere queste sensazioni anche ai suoi lettori. Ed è questo che ripaga, alla fine, ogni pena: sapere di essere riusciti a regalare un’emozione autentica.

10) Dentro soffia il vento è ambientato a Saint Rhèmy, in Valle d'Aosta. Dal tuo libro trapela una profonda conoscenza, oltre che a un amore sconfinato, per questo paese incastonato tra i monti. Ci hai vissuto? Come mai hai scelto questa ambientazione?

Ho scelto Saint Rhèmy per via del fatto storico realmente accaduto da cui ho preso spunto per scrivere questa storia, ma in effetti nutro un grande amore per la Valle D’Aosta, che considero un po’ la mia seconda casa, il mio luogo del cuore, quello in cui fuggire quando ho bisogno di staccare la spina. Niente, come i boschi fitti di verde, i profili delle montagne contro il cielo trasparente e il silenzio che regna in quei luoghi sa rimettermi insieme l’anima un po’ accartocciata dal tran tran quotidiano. Non ho mai vissuto a Saint Rhémy, ma vi ho sempre trascorso le mie vacanze.

12) Uno dei personaggi della tua storia è un animale, una volpe per la precisione. Non ho potuto fare a meno di notare, sia in Dentro soffia il vento che nel racconto Le Grand Diable, un rispetto per il mondo animale, una sensibilità non comune a tutti. Vuoi dirci qualcosa al riguardo? Hai animali a casa?

Farò una premessa: uno dei soprannomi affibbiatami, fin da piccola, dai miei parenti, è San Francesco. Io ero la bambina che tornava a casa dalle elementari con la scatola piena di gattini abbandonati che lasciavano nel cortile della scuola, e che nessuno voleva. Quella che recuperava gli uccelli caduti dal nido e li coccolava, quella che divideva la merenda con il cane. Una volta ho messo su anche un allevamento di lumache, quelle che mio nonno trovava nell’orto e di cui tentava di liberarsi con metodi alquanto brutali. Per me gli animali sono sempre stati una costante e una parte fondamentale della mia vita, ne ho avuti tanti, di varie specie, e per loro nutro un amore profondo. Adesso vivo con il mio gatto Ilio, un micio senza un occhietto adottato dal gattile, ma a casa dei miei genitori ho tre cagnoline, anche loro salvate da diverse situazioni difficili. Ho un debole per gli animali sfortunati, quelli che si trovano in difficoltà e hanno bisogno che qualcuno si prenda cura di loro. Come la volpe Ribes della mia storia.

13) Hai altri romanzi in cantiere?

Ho sempre qualcosa che mi frulla per la testa, e nel computer ho una cartella piena di storie iniziate e poi abbandonate per svariati motivi. Ora che ho avuto la fortuna di incontrare il mio editore ideale, ho scoperto che ci troviamo del tutto in sintonia sulla scelta dei soggetti, e questo mi rende libera di lasciar correre la fantasia. Attualmente sto raccogliendo un po’ di materiale per una nuova storia che, se mai vedrà la luce, parlerà di una donna italiana vissuta nel Rinascimento, la cui vita è già un romanzo di per sé e che spero di riuscire a rendere reale quel tanto che basta perché i lettori possano affezionarcisi. Io lo sono già.


L'intervista è finita, ringrazio infinitamente Francesca per la sua disponibilità e gentilezza nel rispondere alle mie numerose domande.
Un abbraccio a tutte voi, care mele! A presto.

1 commento:

  1. E' stato un autentico piacere leggere questa intervista.
    Ben mirate le domande e ... delle risposte di Francesca, che posso dire? Solo che mi hanno fatto venire una gran voglia di accaparrarmi tutti i suoi libri.

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