Buona domenica a tutte voi, creature del bosco!
Oggi è la prima domenica del mese, il giorno dedicato alle fiabe qui nella mia Foresta Incantata.
Il mio caro amico Menestrello torna a narrarvi una delle sue storie, questa volta tratta dal libro di fiabe di Hans Christian Andersen. Mettetevi comodi dunque, e leggete insieme a lui questa storia.
C'era un dì il figlio d'un commerciante
che di monete ne aveva assai tante!
Ma ahimè una ad una le sperperò
finchè povero lui diventò.
Un baule magico poi ricevette
e con esso potè viaggiare velocemente.
Una principessa così incontrò,
e come finì or ve lo dirò!
C'era una volta un commerciante così ricco che avrebbe potuto ricoprire
tutta la strada principale e anche un vicolino laterale di monete
d'argento. Egli un giorno morì e il suo unico figlio ereditò tutti i suoi soldi. Visse spensierato, sperperando il denaro del padre che invece lo aveva saggiamente conservato. Alla fine, come ben si può immaginare, non gli
restarono che quattro scellini: non aveva vestiti al di fuori di un paio
di pantofole e una vecchia vestaglia. Ai suoi amici non importò più
nulla di lui, dato che non potevano più uscire insieme per le strade;
solo uno di loro, che era buono, gli mandò un vecchio baule e gli disse:
"Fai i bagagli!." Facile a dirsi! ma egli non aveva nulla con cui fare i
bagagli, così si mise lui stesso nel baule.
Era un baule strano. Non appena si premeva la serratura, il
baule si sollevava e volava; e infatti si mise a volare attraverso il
camino in alto sopra le nuvole, sempre più lontano, e così arrivò nella
terra dei turchi. Nascose il baule nel bosco sotto le foglie secche e se
ne andò in città; lì lo poteva fare, perché in Turchia andavano in giro
tutti con la vestaglia e le pantofole. Così incontrò una
balia con un bambinetto. "Ascolta, balia turca!" disse "che cos'è quel
grande castello vicino alla città, che ha le finestre così alte?"
"Ci vive la figlia del re!" fu la risposta "è stato predetto
che diventerà molto infelice a causa di un fidanzato, e per questo
nessuno può andare da lei, se non ci sono anche il re e la regina."
"Grazie!" rispose il figlio del commerciante, e così se ne
tornò nel bosco, si mise nel baule, volò sul tetto e poi entrò dalla
finestra fino alla principessa.
La principessa era sdraiata sul divano e dormiva. Era così
graziosa che il figlio del commerciante non resistette all'impulso di baciarla; lei si svegliò
e si spaventò molto, ma lui raccontò di essere il dio dei turchi e di
essere sceso dall'aria fino a lei, e lei ne fu molto contenta. Così sedettero uno vicino all'altra, lui le narrò fiabe sui
suoi occhi: erano laghi bellissimi e scuri, e i pensieri vi nuotavano
come sirene; e poi raccontò della fronte, che era una montagna di neve
con meravigliose sale e quadri, e poi le narrò della cicogna che porta i
cari bambini.
Erano delle storie bellissime! Allora le chiese di sposarlo e lei subito accettò.
"Ma dovete tornare qui sabato" aggiunse "quando ci saranno
da me il re e la regina a prendere il tè. Saranno molto orgogliosi
all'idea che io sposerò il dio dei turchi, ma dovete raccontare una
bellissima storia, perché a loro piacciono tanto. Mia mamma vuole che
siano classiche e morali, mio padre invece le preferisce divertenti, che
facciano ridere!"
"Sì, non porterò altro in dono alla sposa che una storia!"
rispose il ragazzo. Si separarono, ma prima la principessa gli
donò una sciabola intarsiata di monete d'oro.
Volò via, acquistò una nuova vestaglia e sedette nel bosco,
pensando a una storia; doveva essere pronta per sabato, e non era
facile. Alla fine, pensa e ripensa, la storia fu pronta.
Il re e la regina e tutta la corte lo aspettavano bevendo il tè presso la principessa.
"Volete raccontarci una storia?" chiese la regina "ma che sia significativa e istruttiva!"
"Ma che faccia anche ridere!" aggiunse il re.
"Certamente" rispose lui, e cominciò a raccontare. Ascoltiamola anche noi adesso.
"C'era una volta un mazzetto di fiammiferi, che erano molto
fieri di appartenere a una nobile famiglia, il loro albero di origine,
il grande pino, di cui erano solo un piccolissimo rametto, era stato un
antico e maestoso albero del bosco. Ora i fiammiferi si trovavano su una
mensola tra un acciarino e una vecchia pentola di ferro, e per loro si
misero a raccontare della loro infanzia. "Al tempo dei nostri anni più
verdi," dicevano "ci trovavamo proprio su un albero verde! Ogni mattina e
ogni sera avevamo del tè di diamanti, che era la rugiada, e durante il
giorno avevamo i raggi del sole, quando il sole splendeva, e tutti gli
uccellini ci raccontavano delle storie. Sapevamo di essere anche ricchi,
perché gli altri alberi erano vestiti solo d'estate, mentre la nostra
famiglia poteva permettersi vestiti verdi sia d'estate che d'inverno.
Poi giunsero dei boscaioli che fecero una gran rivoluzione, e la nostra
famiglia venne dispersa. Il tronco principale diventò un albero maestoso
in una nave bellissima che poteva navigare intorno al mondo, se lo
voleva, gli altri rami andarono in luoghi diversi, e noi abbiamo avuto
l'incarico di accendere la luce per la gente vile; per questo noi, che
siamo gente aristocratica, siamo arrivati fin qui in cucina."
"A me invece è capitato in un altro modo" disse la pentola
di ferro vicino alla quale si trovavano i fiammiferi. "Da quando sono
nata sono stata bollita e raschiata moltissime volte! Devo occuparmi di
cose concrete e, a dire il vero, sono io la più importante della casa.
La mia unica gioia è, dopo il pranzo, stare qui sulla mensola ben pulita
a chiacchierare con i compagni; ma noi viviamo sempre in casa, a parte
il secchio dell'acqua che ogni tanto è portato nel cortile. Il nostro
unico informatore è la borsa della spesa, ma quella si agita sempre nel
parlare del governo e del popolo; addirittura l'altro giorno c'era una
vecchia pentola che per lo spavento è caduta e s'è rotta! Quella è una
liberale, ve lo dico io!"
""Tu parli troppo" esclamò l'acciarino e batté sulla pietra
focaia per far scintille. "Perché non ci divertiamo questa sera?"
""Sì, vediamo chi di noi è più distinto!" suggerirono i fiammiferi.
""No, a me non piace parlare di me stessa!" disse la pentola
di coccio. "Organizziamo invece una vera serata! Comincio io: vi
racconto una storia che noi tutti abbiamo vissuto; così è facile
immedesimarvisi, e poi è divertente. Presso i faggi danesi che si
trovano lungo il Mar Baltico..."
"È un inizio bellissimo!" esclamarono tutti i piatti "sarà sicuramente una bella storia."
"Sì. Là trascorsi la mia giovinezza, presso una famiglia
tranquilla. I mobili venivano lucidati, il pavimento veniva lavato e
cambiavano le tendine ogni quindici giorni."
""Com'è interessante quello che raccontate!" disse il
piumino per spolverare. "Si sente subito che è una signora quella che
racconta! c'è un'aria così pulita nelle sue parole!"
""Sì, è vero!" disse il secchio dell'acqua, e saltellò di gioia così che l'acqua schizzò sul pavimento.
"E la pentola continuò a raccontare e la fine fu bella come l'inizio.
"Tutti i piatti tintinnavano per la gioia, il piumino prese
del prezzemolo dal secchio di sabbia e incoronò la pentola, perché
sapeva che avrebbe fatto rabbia agli altri, e "se io la incorono oggi"
pensava "domani mi incoronerà lei."
"Adesso vogliamo ballare!" esclamarono le molle del camino e
ballarono. Dio mio! come sollevavano le gambe! La vecchia fodera della
sedia nell'angolo rideva a crepapelle nel vederle! "Possiamo essere
incoronate anche noi?" chiesero le molle e lo furono.
"Non è altro che popolino!" pensavano i fiammiferi.
Adesso doveva cantare la teiera, ma era raffreddata, o
almeno così disse, non poteva cantare se non bolliva, ma non era che
mania di grandezza: voleva cantare solo quando si trovava a tavola con
gli invitati.
Vicino alla finestra c'era una vecchia penna d'oca, con cui
la domestica scriveva; non aveva nulla di strano, eccetto che era stata
immersa troppo nel calamaio, ma di questo era orgogliosa. "La teiera
non vuole cantare?" esclamò "non fa niente, qui fuori c'è una gabbia con
un usignolo, che sa cantare; lei invece non ha mai imparato, ma non
parliamo male di lei questa sera!"
"Io penso che sia molto sconveniente" disse il bollitore,
che era il cantante della cucina e il fratellastro della teiera "dover
sentire un uccello estraneo. Vi pare patriottico? Lasciamo giudicare
dalla borsa della spesa."
"Sono proprio arrabbiata!" disse la borsa "così arrabbiata
che non potete immaginare! è forse un bel modo di trascorrere la serata?
non è meglio mettere un po' in ordine la casa? Ognuno dovrebbe tornare
al suo posto e io dirigerei il tutto sarebbe diverso!"
"Sì, facciamo un po' di ordine!" dissero tutti. In quel
mentre si aprì la porta. Era la domestica, e tutti rimasero quieti,
nessuno fiatò; ma non c'era una sola pentola che non fosse conscia di
quello che avrebbe potuto fare e non se ne sentisse orgogliosa. "Sì, se
avessi voluto" pensavano "sarebbe stata una serata divertente!"
"La domestica prese i fiammiferi e accese il fuoco.
"Adesso ognuno può vedere che noi siamo i più importanti!"
pensavano i fiammiferi "e che splendore, che luce abbiamo!" e già erano
tutti consumati."
"Che bella storia" esclamò la regina "mi sono proprio
sentita in cucina con i fiammiferi. Sì, tu avrai nostra figlia."
"Certo!" aggiunse il re. "Sposerai nostra figlia lunedì."
Ormai gli dava del tu, dato che doveva far parte della famiglia.
Il matrimonio era stato fissato e la sera prima la città
venne tutta illuminata: volavano in aria ciambelline e maritozzi; i
monelli di strada si alzavano in punta di piedi per prenderle e urlavano
Urrà! e fischiavano con le dita; era semplicemente meraviglioso!
"Anch'io devo fare qualcosa!" pensò il figlio del
commerciante, e comprò dei razzi illuminanti, dei petardi e tutti i
fuochi artificiali che si potessero immaginare, li mise nel baule e volò
in alto.
Rutsch! come funzionavano bene! e che scoppi!
Tutti i turchi saltavano in aria a ogni scoppio e le
pantofole gli arrivavano fino alle orecchie: un tale spettacolo non
l'avevano mai visto prima. Adesso capivano che era proprio il dio dei
turchi che doveva sposare la principessa.
Quando il figlio del commerciante ridiscese col suo baule
nel bosco pensò: "Voglio andare in città a sentire che cosa dicono di
me!"
Quali cose raccontava la gente! ognuno di quelli a cui
domandava l'aveva visto in modo differente, ma a tutti era parso
straordinario.
"Io ho visto il dio dei turchi in persona!" raccontò uno.
"Aveva occhi che splendevano come stelle e una barba come l'acqua
spumeggiante!"
"Volava avvolto in un mantello di fuoco" diceva un altro.
"Bellissimi angioletti spuntavano dalle pieghe."
Sì, sentì dire delle cose bellissime e il giorno dopo doveva esserci il matrimonio.
Tornò nel bosco per infilarsi nel baule, ma dov'era finito?
Il baule era tutto bruciato. Una scintilla dei fuochi artificiali vi era
caduta sopra, aveva appiccato il fuoco, e ora il baule era diventato
cenere. Lui non era più in grado di volare, non poteva più raggiungere
la sua sposa.
Lei rimase tutto il giorno sul tetto a aspettare; sta
aspettando ancora mentre lui gira per il mondo e racconta storie, che
però non sono divertenti come quella che aveva raccontato sui
fiammiferi.
Fonte: http://www.andersenstories.com/it/andersen_fiabe/il_baule_volante
Bella!!!!!!! In assoluto una delle mie preferite...
RispondiEliminaSi danno battaglia Il baule volante e il soldatino di piombo...
Visto? Ho mantenuto la mia promessa ;) anche a me è piaciuta questa qui, devo dire che non la conoscevo! Quella del soldatino di piombo a me non piace, troppo, troppo triste :(
EliminaEi grazie mille :) Credo che faro un elogio ad Hans sul mio blog...
EliminaSarà ma io lo considero il più grande scrittore per bambini della storia...
Pensa che avevo un libro a cui ero profondamente legato sentimentalmente con tutte le sue fiabe (Poi purtroppo è andato perduto :() Aveva dei disegni che per me erano cose meravigliose, forse è per quello che sono profondamente legato a questo scrittore :D
EliminaPuò essere =) da bambini ci affezioniamo molto ai libri di fiabe, almeno per me è stato così. Ci sono libri che rimarranno per sempre parte di me, ho ben due libroni di fiabe che mia nonna mi leggeva prima di andare a dormire o al pomeriggio mentre facevo merenda. Quei due libri per me sono sacri perchè rappresentano la mia infanzia, poi ci sono i libri di quando ero più grandicella, sempre di fiabe, quelle di Tony Wolf. Non so se lo conosci, ad ogni modo ho passato così tanto tempo a leggerli e rileggerli, a guardarne le figure immaginando storie alternative, che non potrei mai più fare a meno di quei volumetti che hanno fatto la mia storia!
EliminaNo purtroppo non lo conosco :( mi informerò :D
RispondiEliminaIo adoro le fiabe.
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