Buona domenica a tutti, e bentornati sul blog per il nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle fiabe provenienti da tutto il mondo!
Menestrello è stato in Danimarca, come avrete notato dal titolo del post, e dunque questa settimana ha scelto per voi una fiaba del posto, scritta nientepopodimeno che da... Hans Christian Andarsen! Siete curiosi? Be', io lascio a lui la parola, questo è il suo spazio, guai a me se mi intrometto nelle cose di sua competenza!
In un paese molto lontano, dov'è Primavera quando da noi è pieno Inverno, viveva un re. Egli aveva ben undici figli ed una figlia; quest'ultima si chiamava Elisa. Lei ed i suoi numerosi fratelli, essendo di nobili origini, conducevano una vita felice e serena, disponendo di tutte le comodità che possiate immaginare. Tuttavia, la loro felicità era destinata a durare per poco: la loro madre morì, lasciando il re vedovo. Dopo qualche tempo egli si risposo, ma ahimè, la sua sposa era, a sua insaputa, una strega e come se non bastasse odiava i figli del suo nuovo marito. La settimana successiva allo sfarzoso matrimonio, la crudele matrigna allontanò Elisa dal castello, trasferendola da alcuni contadini, e trasformò i suoi undici fratelli in cigni. «Volatevene via per il mondo e arrangiatevi da soli!» disse loro con crudeltà.
Gli undici cigni volarono via, finendo ai confini di una grande foresta.
Passarono i giorni ed Elisa divenne una splendida e bravissima ragazza; quando raggiunse il suo quindicesimo compleanno venne chiesto lei di ritornare al castello, ma non appena la matrigna vide la sua radiosa bellezza si sentì pervadere dall'invidia e dall'odio. Pensò di trasformare anche lei in un cigno, ma a salvare le sorti di Elisa fu il re: egli desiderava tanto riabbracciare la figlia, così la perfida matrigna non osò mettere in pratica il suo terribile piano. La malvagità però non ha mai limite: ella, accecata dall'odio, escogitò una magia ben più meschina di quella che aveva pensato in precedenza. Si recò nel lussuoso bagno reale, lì prese tre rospi, li baciò e disse al primo: «Mettiti sulla testa di
Elisa quando entrerà nella vasca da bagno e rendila indolente come te!
Tu invece devi saltarle in fronte» disse al secondo rospo «così che
diventi orribile come te e suo padre non la riconosca! E in quanto a te,
devi metterti sul suo cuore» sussurrò al terzo animale «e renderla
tanto malvagia che ne soffra lei stessa!». Fece scivolare i tre
rospi nell'acqua limpida, poi chiamò
Elisa, la svestì e la fece entrare nella vasca da bagno. Mentre lei si
immergeva, i tre rospi saltarono uno sul suo capo, uno sulla fronte e
l'ultimo sul cuore, ma Elisa sembrò non accorgersene neppure. Quando si
rialzò, galleggiavano nell'acqua tre papaveri rossi; se gli animali non
fossero stati velenosi e baciati dalla strega, si sarebbero trasformati
in rose rosse, ma divennero comunque fiori soltanto perché avevano
riposato sul suo capo e sul suo cuore: Elisa era così pura e innocente
che i sortilegi non avevano alcun effetto su di lei. Allora la matrigna spalmò la ragazza con succo di
noci, per scurirle la pelle; poi le unse il viso con un unguento
puzzolente e le arruffò i capelli: ora era assolutamente impossibile
riconoscere le bella Elisa. Infatti suo padre, vedendola, inorridì e
dichiarò che quella non poteva essere sua figlia.
La povera Elisa cominciò a piangere pensando ai suoi undici fratelli: chissà dov'erano finiti... Malinconica, uscì dal castello e camminò per tutto il
giorno per campi e paludi finché giunse in un grande bosco. Non sapeva
dove si trovava, ma era molto triste e provava una grande nostalgia dei
fratelli, che sicuramente erano stati cacciati via dal castello come
lei, e decise che li avrebbe ritrovati a tutti i costi.
Era giunta da
poco tempo nel bosco quando sopraggiunse la notte. Si sistemò su un tronco d'albero e li si addormentò. Quando si svegliò, il sole era già alto nel cielo. Sentiva il gorgoglio dell'acqua, perché c'erano diverse sorgenti che sfociavano in un laghetto non lontano da dove si trovava lei. L'acqua era limpida e non appena Elisa vide riflesso il
proprio volto si spaventò, tanto era nera e brutta, ma non appena
si toccò gli occhi e la fronte con la mano bagnata, subito la pelle
chiara ricomparve. Allora si tolse i vestiti e si immerse nell'acqua
fresca, riacquistando nuotata dopo nuotata tutta la sua bellezza. Non appena si fu ripulita, Elisa si rivestì e si rimise in cammino, fermandosi solo per mangiare qualche frutto selvatico o per rimirare le bellezze delle natura. Mentre camminava fra gli alberi incontrò una vecchina che diceva di dover portare delle bacche selvatiche al castello. La gentile signora ne offrì alcune ad Elisa, che le accettò di buon grado e ne approfittò per chiedere alla donna se per caso avesse visto undici principi cavalcare per il bosco. «No» rispose la vecchia «ma ieri ho visto undici cigni con una corona in testa, che nuotavano nel fiume che passa qui vicino!» detto ciò condusse Elisa verso un pendio in fondo al quale scorreva un fiume. Salutò dunque la vecchina e s'incamminò lungo il fiume, finché questo non sfociò nella spiaggia aperta. Mentre il sole tramontava Elisa vide undici cigni bianchi con le corone
d'oro in testa volare verso la riva. I cigni si posarono vicino a
lei e sbatterono le loro grandi ali bianche: non appena il sole
scomparve nel mare, i cigni persero il loro manto di piume e apparvero
undici bellissimi principi, i fratelli di Elisa! Benché fossero cambiati molto, Elisa capì aubito che erano i suoi fratelli; li chiamò per nome e anche loro la riconobbero all'istante. Il più grande di loro spiegò ad Elisa che di giorno vivevano come cigni, ma non appena il sole tramontava riassumevano le loro vere sembianze, ovunque si trovassero. Rivelarono a Elisa di potersi trattenere solo due giorni nella loro terra natale, poi sarebbero stati costretti a volare al di là del mare, dove li attendeva un altro paese. A loro era concesso tornare nella loro patria solo due volte l'anno e non sapevano come potersi portare dietro Elisa, visto che sulla spiaggia non c'erano nè barche nè zattere su cui poterla trasportare.
Alla fine, costruirono una rete con le fronde di un salice: Elisa si sarebbe sdraiata su di essa e i suoi fratelli l'avrebbero trasportata per tutta la durata del viaggio. Così fecero e due giorni dopo si ritrovarono in una terra splendida. La prima notte dal suo arrivo, Elisa riposò in una stanza tutta per lei scavata nella grotta dove vivevano i suoi fratelli e sognò la vecchina che aveva incontrato nel bosco qualche giorno prima. Ella le diceva nel sogno: «I tuoi fratelli possono essere salvati, ma per riuscire nel tuo intento dovrai patire un supplizio. Vedi questa ortica che ho in mano? di queste ne crescono tante poco lontano da dove dormi. Ma ricordati, solo queste piante e quella che
cresce tra le tombe del cimitero possono essere usate: tu dovrai
raccoglierle, anche se ti bruceranno la pelle e te la copriranno di
bolle, poi dovrai pestarle con i piedi per ottenerne la fibra: con
questa dovrai tessere undici tuniche e gettarle sugli undici cigni
selvatici. Solo così l'incantesimo verrà rotto. Ma dal momento
in cui comincerai questo lavoro fino a quando non sarà finito, e potrebbero
passare anni, non dovrai più parlare; la prima parola pronunciata
trapasserebbe come un pugnale il cuore dei tuoi fratelli. Dalla tua
lingua dipende la loro vita. Ricorda tutto quel che ti ho detto!»
Elisa si svegliò e vicino al suo giaciglio c'era un'ortica, proprio come quella vista nel sogno.Si mise subito al lavoro e raccolsen le orribili ortiche; grosse bolle le si formarono sulle mani e sulle braccia, ma
lei soffriva volentieri se questo poteva salvare i suoi cari fratelli.
Pestò ogni pianta di ortica con i piedi nudi e ne ricavò la verde
fibra. Quando il sole tramontò giunsero i fratelli che si
spaventarono nel vederla così silenziosa; all'inizio credettero fosse un
nuovo incantesimo della matrigna cattiva, ma quando videro le sue mani,
capirono quel che lei stava facendo per la loro salvezza. Elisa trascorse tutta la notte
al lavoro, perché non poteva trovare pace prima di aver salvato i cari
fratelli; passò tutto il giorno dopo da sola, dato che i cigni s'erano
allontanati, ma il tempo volò. Una tunica era già finita e ora iniziava
la seconda.
Qualche giorno dopo però, mentre i cigni erano lontani, Elisa fu sorpresa nella grotta da un gruppo di cacciatori, guidati da un bell'uomo che la ragazza scoprì essere il re di quelle terre. Egli si innamorò perdutamente di Elisa e deicse di condurla nel suo palazza per farne la sua sposa. Triste, muta e disperata, Elisa fu costretta a seguire il re senza poter dire una parola, ma il suo cuore era distrutto dal dolore. Il castello del re era splendido e sfarzoso; il sovrano la affidò a delle damigelle che la ripulirono, la vestirono e la pettinarono come una regina. Elisa era triste, ma il re era deciso a fare qualunque cosa purchè la sua amata potesse sorridere. Allora le mostrò la sua stanza, nella quale aveva fatto portare la fibra di ortica alla quale Elisa stava lavorando con devozione e pazienza e l'unica tunica che la ragazza era riuscita a fabbricare. Come se non batsasse aveva reso la stanza simile alla grotta nella quale Elisa abitava, di modo che potesse sentirsi sempre a casa propria. A quella vista, ella si sentì rinvigorire dalla speranza e sorrise, ringraziando come poteva il buon re. Ogni notte si allontanava da lui e si recava nella cameretta che
somigliava alla grotta, e lì tesseva una tunica dopo l'altra. Stava
cominciando la settima, quando restò senza fibra. Sapeva che nel cimitero crescevano le ortiche che lei doveva usare, ma doveva coglierle lei stessa; come poteva recarsi fin là? Ripensò ai suoi fratelli e subito trovò la forza necessaria per affrontare la prova: attraversò la città in una notte di luna piena e si addentrò nel tetro cimitero, dove incontrò delle streghe malvagie. Le ignorò e raccolse le ortiche che le servivano, poi tornò al castello. Il re aveva tra i suoi sudditi un arcivescovo, che sospettava che Elisa fosse una strega; quella notte la spiò e credette di avere in mano la prova che la nuova regina fosse effettivamente una strega che con il suo fascino demoniaco aveva sedotto il re. Riferì al suo sovrano quanto aveva visto. Intanto Elisa aveva quasi terminato il suo lavoro; le mancava ancora una sola tunica, ma era rimasta senza fibre e senza ortiche. Elisa dunque andòdi nuovo al cimitero e il re e l'arcivescovo la seguirono; la videro
sparire dietro l'inferriata e quando si avvicinarono,
videro le altre streghe che scavavano il terreno per disseppellire i morti e divorarne i resti. Il re pensò che fra esse doveva esserci anche la sua Elisa, quella che lui credeva infinitamente buona. Distrutto dal dolore, lasciò giudicare al popolo l'accaduto e tutti optarono per mandarla al rogo come succedeva con tutte le altre streghe. Elisa fu trascinata in prigione e non le vennero date nè coperte nè cuscini per trascorrere la sua ultima notte sulle terra. Al loro posto gli furono date le fibre di ortica e le dieci tuniche che aveva tessuto, pensando che potesse essere una giusta punizione farla dormire su un'erba infuocata come quella. Elisa fu contentissima di quella punizione e lavorò tutta la notte per poter portare a termine l'ultima tunica.
Intanto i cigni riuscirono a ritrovarla e attesero di ritrasformarsi in principi per poter chiedere al re di riceverli. Quest'ultimo però non poteva ascoltare ciò che loro avevano da dire, poichè era notte fonda e dormiva profondamente. Giunse l'alba e i principi si tramutarono nuovamente in cigni. Elisa li vide dalla sua cella e quando i carcerieri la prelevarono per portarla sul rogo, lei si portò dietro le tuniche. Non appena fu salita sul palco in mezzo alla piazza, i cigni volarono intorno a lei ed Elisa gettò su di loro le undici tuniche; subito apparvero undici bellissimi principi. Il più giovane aveva però
ancora un'ala di cigno al posto del braccio, perché Elisa non aveva
ancora potuto tessere una manica all'ultima tunica.
«Adesso posso parlare!» esclamò. «Sono innocente!»
«Adesso posso parlare!» esclamò. «Sono innocente!»
«Sì, è innocente!» disse il fratello maggiore e raccontò tutto quel che era successo.
Allora il re comprese di aver fatto un terribile errore e non appena Elisa si svegliò lui e i suoi fratelli le dissero che era salva. Elisa perdonò il re e insieme vissero per sempre felici e contenti in quella terra ai confini del mondo.
Fine
Davvero bella!! Pensa che ho un libro in inglese di Starhawk che si chiama "The Twelve wild swans" e spiega come utilizzare le fasi di questa favola per crescere interiormente con esercizi di visualizzazione e rituali simbolici :))
RispondiEliminaInteressantissima la cosa che hai detto! Sarei proprio curiosa di leggerlo o.O
RispondiEliminaComunque questa fiaba piace molto anche a me, me la facevo leggere e rileggere da bambina. E' sempre stata una delle mie preferite, ma non conoscevo la versione integrale fino a quando non ho scritto questo post. Inutile dire che mi è piaciuta ancora di più!
Anche io avevo letto questa fiaba da più piccola, però in una versione ridotta...
RispondiEliminaGrazie per avercela offerta in versione integrale!
A dire il vero non è del tutto integrale, mancano alcune parti piccole piccole, descrizioni e cose del genere, ma il post era già abbastanza lungo, così ho cercato di riassumere nel pieno rispetto dell'originale cercando di lasciar trapelare anche le parti che ho dovuto tralasciare. Comunque si piò dire che questa sia la versione completa, sì. Sono contenta che piaccia anche a te questa fiaba =)
RispondiEliminadavvero interessante...
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