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sabato 23 aprile 2011

Un omaggio a un grande uomo e a un grande giornalista, Tiziano Terzani

Ciao a tutti! Scusate la lunga assenza, ma ho avuto un periodo piuttosto problematico. Sono pronta a tornare sul blog, e voglio farlo dedicando questo post a una grande anima, quella di Tiziano Terzani. Non so quanti di voi lo conoscano, personalmente ho letto un suo libro quasi un anno fa ormai e sono rimasta folgorata dalla personalità di questo scrittore che ormai - purtroppo - non c'è più. Il mio intento è quello di farvelo conoscere, e se lo conoscete già ma non avete ancora letto niente di suo, di farvi innamorare dei suoi scritti, perchè trasmettono messaggi importanti, soprattutto per la società odierna.

Tiziano Terzani è stato un giornalista e scrittore italiano. Di origini toscane, ha viaggiato in lungo e in largo per il mondo e ha vissuto per tre anni in Asia con la moglie Angela e i due figli. Nel corso della sua vita asiatica ha pubblicato molti libri sulle grandi storie di cui si trova a essere testimone (la guerra in Vietnam, la Cina del dopo Mao, il crollo dell'Unione Sovietica. 
Si ammala di cancro dopo il 1995. Appresa la sentenza della sua malattia, prova prima la medicina tradizionale a New York, poi intraprende un viaggio in tutta l’Asia per cercare una cura alternativa. Dall’India al Tibet, alle Filippine, con la sua inesauribile curiosità, dialoga con tutti i possibili maghi, saggi, santoni orientali, prova tutte le medicine alternative, dalle diete alle erbe, ai digiuni, ai canti sacri, alla meditazione yoga e ancora a tutto ciò che possiamo immaginare. Tiziano non trova però la cura per sé: essendo, come dice lui, un fiorentino scettico, con millenni di razionalità alle spalle, non riesce a credere in questi rimedi, ma trova in Oriente un’altra realtà, la più importante: la pace e la saggezza interiore. Una cura per l’anima è quella di cambiare se stessi, cambiare punto di vista, trovarsi in armonia con la natura, con il creato, compresi gli animali, e le piante. Soprattutto è in armonia con la propria mente, che pacificata e serena, riesce a donargli quella invidiabile pace che nessun medico gli può dare. L’ultimo suo ritiro è a Orsigna, sull’Appennino toscano, che gli ricorda un po’ il paesaggio dell’Himalaya, dove ha soggiornato a lungo. Come gli antichi saggi indiani, là Tiziano vive in pace con se stesso e in meditazione, avendo ritrovato il senso del vivere e del morire. Si spegne il 28 luglio 2004.

Dopo questa piccola introduzione, voglio riportare qui di seguito un estratto dal suo libro La fine è il mio inizio,in cui parla al figlio Folco di cos'è la vita. Tiziano Terzani, malato e alla fine della sua vita, invita il figlio Folco ad ascoltare il suo ultimo racconto, una rivisitazione della sua vita passata in giro per il mondo (Cina e Asia in primis), ma anche una sorta di testamento spirituale.

 Che gioia figlio mio. Ho sessantasei anni e questo grande viaggio della mia vita è arrivato alla fine. Sono al capolinea. Ma ci sono senza alcuna tristezza, anzi, quasi con un po' di divertimento. l'altro giorno la mamma mi ha chiesto: "Se qualcuno telefonasse e ci dicesse d'aver scoperto una pillola che ti farebbe campare altri dieci anni, la prenderesti?" E io istintivamente ho risposto "No!" Perchè non la vorrei, perchè non vorrei vivere altri dicei anni. Per rifare tutto quello che ho già fatto? Sono stato nell'Himalaya, mi sono preparato a salpare per il grande oceano di pace e non vedo perchè ora dovrei rimettermi su una barchetta a pescare, a far vela. Non mi interessa. Guarda la natura da questo prato, guardala bene e ascoltala. Là il cuculo; negli alberi tanti uccellini - chi sa chi sono? - coi loro gridi e il loro pigolio, i grilli nell'erba, il vento che passa tra le foglie. Un grande concerto che vive di vita sua, completamente indifferente, distaccato da quel che mi succede, dalla morte che aspetto. Le formiche continuano a camminare, gli uccelli cantano al loro dio, il vento soffia. CHe lezione! Per questo io sono sereno. Da mesi dentro di me c'è una gioia che irradia in ogni direzione. E se mi chiedi: come stai? ti dico: io sto benissimo, la mia testa è libera, mi sento meravigliosamente. Solo che questo corpo fa acqua, marcisce. E l'unica cosa da fare è staccarsene e abbandonarlo al suo destino di materia che diventa putrescente, che torna polvere. Senza angoscia, come la cosa più naturale del mondo. Però, proprio perchè mi rimane poco tempo, un'ultima cosa forse mi piace ancora farla ed è parlare con te che sei stato parte e spettatore della mia vita per 35 anni di questo lungo viaggio che io ho fatto e che tu hai visto dal basso, dalla prospettiva del figlio. 
Vedi, questa di "morire" è una cosa che vorrei evitare. Mi piace di più l'espressione indiana "lasciare il corpo". Infatti, il mio sogno è di scoparire come se non esistesse questo momento del distacco. L'ultimo atto della vita, che è quello che si chiama morte, non mi preoccupa perchè mi ci sono preparato. Ora, non dico che sarebbe la stessa cosa alla tua età. Ma alla mia! Ho sessantasei anni, ho fatto tutto quello che volevo fare, ho vissuto intensissimamente, per cui non ho alcun rimpianto. [...] Che cos'è che ci fa così spavento della morte? Quello che ci fa paura, che ci congela davanti a quel momento è l'idea che scomparirà in quell'attimo tutto quello a cui noi siamo tanto attaccati. Prima di tutto il corpo. Tu pensa: uno cresce con questo corpo, ci si identifica. [...] E poi, quale corpo? Un corpo che cambia tutti i giorni, che perde i capelli, che si azzoppa, che si acciacca? Il corpo non siamo noi. Allora cosa siamo? Crediamo di essere tutte le cose che ci preoccupa di perdere morendo. Con l'identità ti ci sei identificato, e l'idea che tutto questo scompaia, che la morte ti porti via tutto questo ti sconvolge. Tu possiedi la bicicletta, l'automobile, un bel quadro che hai comprato con i risparmi di tutta una vita, un campo, una casetta al mare. E' tua! E ora muori e la perdi. La ragione per cui si ha tanta paura della morte è che con quella bisogna rinunciare a tutto quel che ci stava tanto a cuore. Io l'ho già fatto. Negli ultimi anni non ho fatto altro che gettare a mare tutto questo e non c'è più nulla a cui sono legato. Se impari a morire vivendo allora ti abitui a non riconoscerti in queste cose, a riconoscerne il valore estremamente limitato, transitorio, ridicolo, impermanente. [...] E se, vivendo, incominci a capire che non sei quelle cose, allora piano piano te ne stacchi, le abbandoni. Abbandoni anche le cose che ti paiono le più care, come l'amore che io ho per tua madre. [...] Questo amore è parte della mia vita, ma io non sono quell'amore. [...]L'altra cosa che mi pare fondamentale nella vita di un uomo che cresce e che matura è il rapporto con i desideri. I desideri sono la nostra grande molla. Se Colombo non avesse desiderato di trovare una nuova strada per le Indie non avrebbe scoperto l'America. [...] Ma se tu cominci a guardare bene, di nuovo, cosa sono questi desisderi dai quali non sfuggi mai? Specie oggi, in questa nostra società che ci spinge solo a desiderare e fra i desideri a scegliere solo i più banali, quelli materiali, in altre parole quelli del supermercato. Il desiderio di quelle scelte lì è inutile, banale, irrisorio. Il vero desiderio è quello di essere se stessi. Se rifletti vedi che quei desideri sono una forma di schiavitù. Perchè più tu desideri e più limitazioni ti crei.  Desideri una cosa a tal punto che non pensi ad altro, diventi schiavo di quel desiderio. Così cominci a imparare a toglierteli di mezzo. Compreso quel desiderio ultimo, che tutti hanno, quello della longevità. Anche questo desiderio io non l'ho più. Perchè gli anni di solitudine in quella casetta nell'Himalaya mi hanno fatto vedere che non avevo niente da desiderare. Avevo bisogno di un po' d'acqua per bere ed era lì, nella fonte dove bevevano gli animali. Mangiavo un po' di riso e qualche verdura cotta sul fuoco. Quali altri desideri potevo avere? Per questo dico che non ho più voglia di stare in questa vita, perchè non mi incuriosisce più. L'ho vista di fuori e di dentro, l'ho vista da ogni suo lato e i desideri che mi dovrebbe suscitare non mi interessano più. Allora la morte diventa davvero l'unica cosa nuova che mi può succedere, perchè non l'ho mai vista nè vissuta. [...] Be', forse nella morte avviene qualcosa di simile al sonno. O forse non avviene niente. Ma ti assicuro che mi avvicino a questo appuntamento non come a un incontro con una signora vestita di nero, con una falce che miete. Mi avvicino a questo appuntamento di quiete secondo me, a cuor leggero, come davvero non l'ho mai avuto prima. [...] La terra sulla quale viviamo è un grande cimitero. Un grande, immenso cimitero pieno di tutto quello che è stato. Ti immagini i miliardi di miliardi di esseri che sono morti su questa terra? Sono tutti lì! Noi camminiamo continuamente su un enorme cimitero. E' strano, perchè i cimiteri come noi li concepiamo sono luoghi di dolore, di sofferenze. Mentre in verità il grande cimitero della terra è bellissimo, perchè è la natura. Ci crescono sopra i fiori, ci corrono sopra le formiche, gli elefanti. Se la vedi così e torni a far parte di tutto questo, forse quel che resta di te è quella vita indivisibile, quella forza, quell'intelligenza a cui puoi mettere una barba e chiamarla Dio, ma è qualcosa che la nostra mente non riesce a capire. Allora vado a questo appuntamento a cuor leggero e con una certa quasi giornalistica curiosità...

Per concludere vi lascio un video, che potrà aiutarvi meglio a capire la personalità di quest'uomo che ha ancora da insegnare molte cose a tutti noi.



1 commento:

  1. ecco... lui è uno di quelli che ha capito il significato della vita e l'ha fatto suo. A mio parere si vive molto meglio in questo modo... ma perchè spesso questo accade solo quando ci si trova faccia a faccia con la morte, quando si sente che il nostro tempo sta per finire?
    è curioso! chissà come sarebbe vivere una vita in questo modo... mi da una sensazione di leggerezza, e di serenità che noi tutti abbiamo un pò dimenticato... prendiamo esempio.

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